Non tutte le lingue sono parlate: la lingua dei segni ne è un esempio. E’ un sistema di comunicazione visivo che viene utilizzato per poter comunicare dalle persone sorde o con gravi problemi all’udito.
Le persone che riscontrano questi problemi hanno da sempre incontrato delle difficoltà nelle situazioni comunicative: con la LIS, Lingua Italiana dei Segni, molti di questi ostacoli sono stati parzialmente arginati. La comunicazione in questo caso avviene producendo dei gesti compiuti con una o con entrambe le mani; ogni gesto può avere uno o diversi significati.
Tradizionalmente la lingua dei segni era considerata mimo, ma oggi ha acquisito un valore a livello internazionale. Il primo fondatore di una Scuola per sordi, a Parigi, fu Abbè de l’Epèe, nel ‘700. In Italia le prime testimonianze di una lingua per sordi risalgono al secolo successivo, il 1800.
Uno stereotipo parecchio diffuso vuole che la lingua dei segni abbia un carattere universale: sia cioè uguale per italiani, inglesi, francesi, tedeschi e così via. Non è così: ognuna ha una propria morfologia, una propria sintassi e un proprio lessico. In Inghilterra si chiama BLS (British sign language) mentre in Francia LSF (langue des signes français).
Così come per le persone udenti, anche nella LIS ci sono delle regole di condotta che vanno rispettate: per chiamare qualcuno bisogna dargli un colpetto morbido sulla spalla o sul braccio; quando ci sono tante persone si utilizza invece una luce che si accende e si spegne in maniera intermittente. Quando si è in gruppo, ci si deve disporre in cerchio per potersi vedere tutti. Esistono anche dei telefoni per sordi, i cosiddetti DTS, che servono per comunicare in forma scritta, via fax o in videoconferenza.
Le persone che riscontrano questi problemi hanno da sempre incontrato delle difficoltà nelle situazioni comunicative: con la LIS, Lingua Italiana dei Segni, molti di questi ostacoli sono stati parzialmente arginati. La comunicazione in questo caso avviene producendo dei gesti compiuti con una o con entrambe le mani; ogni gesto può avere uno o diversi significati.
Tradizionalmente la lingua dei segni era considerata mimo, ma oggi ha acquisito un valore a livello internazionale. Il primo fondatore di una Scuola per sordi, a Parigi, fu Abbè de l’Epèe, nel ‘700. In Italia le prime testimonianze di una lingua per sordi risalgono al secolo successivo, il 1800.
Uno stereotipo parecchio diffuso vuole che la lingua dei segni abbia un carattere universale: sia cioè uguale per italiani, inglesi, francesi, tedeschi e così via. Non è così: ognuna ha una propria morfologia, una propria sintassi e un proprio lessico. In Inghilterra si chiama BLS (British sign language) mentre in Francia LSF (langue des signes français).
Così come per le persone udenti, anche nella LIS ci sono delle regole di condotta che vanno rispettate: per chiamare qualcuno bisogna dargli un colpetto morbido sulla spalla o sul braccio; quando ci sono tante persone si utilizza invece una luce che si accende e si spegne in maniera intermittente. Quando si è in gruppo, ci si deve disporre in cerchio per potersi vedere tutti. Esistono anche dei telefoni per sordi, i cosiddetti DTS, che servono per comunicare in forma scritta, via fax o in videoconferenza.
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