martedì 31 marzo 2009

La cucina olandese


L’Olanda non è un Paese particolarmente rinomato per la sua tradizione gastronomica. In ogni caso, quando si decide di andare a visitarla, provare la sua cucina sostanziosa è d’obbligo. Bisogna dire che gli olandesi, nei tempi passati, non hanno mai dato troppa importanza al cibo: si mangiava per vivere, non si viveva per mangiare. Oggi la tendenza è cambiata, e anche in Olanda si cerca di dare più attenzione all’aspetto enogastronomico.

Il primo pasto della giornata è la colazione: abbondante ma semplice, solitamente con fette di pane con la marmellata, formaggio, uova sode e l’immancabile caffè. Il pranzo è quasi sempre uno spuntino, che viene consumato velocemente e senza troppi fronzoli. Il pasto vero e proprio è la cena, molto sostanziosa.

L’ingrediente principale della cucina olandese è la patata, che viene solitamente servita lessa come contorno a piatti di carne con il sugo. Per dare sapore alle patate, queste vengono condite con salse o conserve.

I piatti tipici più famosi dell’Olanda sono lo stamppot, uno stufato misto formato da purè di patate con cavolo, invidia o crauti, salsicce affumicate oppure carne di maiale. E’ un piatto tipicamente invernale. Per la primavera, invece, da provare sono gli asperge, gli asparagi, che devono essere bianchi e croccanti; vengono serviti con burro e prosciutto. Infine troviamo i mosselen, le cozze, che devono essere servite accompagnate dal vino bianco. Il piatto deve contenere anche porri e cipolle, servite in una casseruola, con contorno di patatine fritte.

Un ingrediente molto usato è l’agnello, a differenza del pesce, che viene pescato in grandi quantità ma che non viene consumato con altrettanta facilità. E’ però uno degli ingredienti più usati per gli spuntini, solitamente di aringa o anguilla affumicata.

Non bisogna dimenticarsi di parlare dei formaggi, alimento per cui l’Olanda è conosciuta a livello internazionale. Il principale è il Gouda, usato anche come spuntino accompagnato dalla senape; ci sono poi l’Edam, asciutto e poco cremoso e il Leidse, delicato e aromatizzato con carvi oppure semi di cumino.

I dessert vedono il tripudio delle torte di frutta e dei gelati. Molto famosa è la appeltaart, la torta di mele. Molto buoni anche i pannenkoeken, i pancake dolci.

La bevanda nazionale dell’Olanda è senza dubbio la birra chiara, che deve essere consumata preferibilmente fresca e con la schiuma. Sempre parlando di bevande, gli olandesi sono i secondi bevitori a livello mondiale di caffè. Attenzione però, per bere il caffè come lo intendiamo noi, chiedere sempre un espresso!

Lo svedese

Oggi si parla della…lingua svedese!

Lo svedese è una lingua di ceppo germanico, appartenente al ramo nordico. Viene parlata in tutta la Svezia e anche in alcune zone della Finlandia. La maggior parte degli Svedesi utilizza l’inglese come seconda lingua, anche perché tra i due idiomi ci sono diverse somiglianze.

Se si cerca di imparare delle frasi di uso corrente, gli Svedesi lo apprezzeranno molto, poiché non sono abituati a sentire gli stranieri parlare la loro lingua, anche perché ha dei suoni che non esistono nelle altre lingue. Dopo un periodo di permanenza in Svezia, però, sarà possibile iniziare a capire qualcosa di questa lingua così bella!

Cinque dei nove principali dialetti sami, una minoranza svedese, sono considerati lingue ufficiali.

I verbi sono uguali per tutte le persone, quindi ad esempio il verbo essere si declinerà in questo modo: io sono = jag är; tu sei = du är; eccetera… Anche l’articolo determinativo rimane sempre invariato. In singolare e il plurale sono determinati dalla desinenza del sostantivo.

Le vocali sono lunghe, tranne quando sono seguite da consonanti doppie, in quel caso diventano brevi. Oltre alle nostre cinque vocali, “a”, “e”, “i”, “o” e “u”, che vengono pronunciate come in italiano, lo svedese ha i seguenti suoni vocalici:
-ä = si pronuncia come una “e” molto aperta;
-ö = si pronuncia mettendo le labbra come per dire “o” e invece dicendo “e”;
-y = si pronuncia mettendo le labbra come per dire “u” e invece dicendo “i”.

Per quanto riguarda le consonanti, invece, la maggior parte si pronuncia in modo simile alle consonanti italiane. Le eccezioni sono le seguenti:
-c = come in sole;
-ck = come in bocca;
-tj e rs = come in sci;
-ch = come il suono “ch” tedesco;
-g = come in gola, ma a volte viene pronunciata anche come in palio.

Pillole di svedese:
-salve: HEJ;
-arrivederci: HEJ DÅ;
-sì: JA;
-no: NEJ;
-per favore: SNÄLLA;
-grazie: TACK;
-prego: VARSAGOD;
-mi chiamo Laura: JAG HETER LAURA;
-aiuto!: HJÄLP!

Estonia: istruzioni per l'uso


Informazioni sull’…Estonia!

L’Estonia, Eesti, è il più piccolo dei Paesi baltici. E’ una meta rinomata per i suoi castelli, le sue isole e la sua capitale cosmopolita. Le più antiche testimonianze della presenza umana in Estonia risalgono a 10.000 anni fa.

Nel corso della Storia venne invasa dai danesi e dai tedeschi su invito del Papa attorno al 1200, che voleva una crociata contro i pagani del nord: lo scopo era evangelizzare e battezzare gli abitanti del luogo. Fu infatti solamente nel XV secolo che in Estonia i riti pagani lasciarono definitivamente posto a quelli cattolici. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu sotto il controllo dei nazisti; nel primo dopoguerra fu annessa all’Unione Sovietica. Questi furono anni di dura repressione, che scatenarono un ampio movimento di resistenza.

L’Estonia raggiunse l’indipendenza solamente nel 1991. Oggi incarna il miracolo economico della regione baltica ed è membro sia dell’Unione Europea che della Nato.

Gli estoni sono un popolo con un forte spirito di identità nazionale, nonostante secoli di occupazione danese, svedese, tedesca e russa. Sono legati alla propria storia, alla propria cultura e alle proprie tradizioni, soprattutto per quanto riguarda i canti nazionali. Gli estoni sono generalmente distaccati e riservati, ma nonostante questo noti per il loro senso dell’umorismo e buonumore. Sono indubbiamente dei grandi lavoratori, che nei weekend amano rifugiarsi nei cottage di famiglia in campagna a vivere a contatto con la natura.

Per un soggiorno in Estonia fino a un massimo di 90 giorni i cittadini italiani necessitano solamente della carta d’identità valida per l’espatrio. Per un periodo maggiore ai 90 giorni è necessario invece il permesso di soggiorno che viene emanato dal Dipartimento per la Cittadinanza e l’Immigrazione.

Il clima in Estonia è temperato, ma tendente al fresco e all’umido; diventa continentale nelle zone dell’interno. In estate le giornate estive sono lunghe, con addirittura 19 ore di luce. Le precipitazioni sono abbondanti nei mesi da luglio a settembre.

La religione dell’Estonia è quella luterana dall’inizio del XVII secolo, ma nell’ultimo periodo si è assistito alla nascita e all’affermazione di numerose sette, tra cui i Testimoni di Geova, gli Avventisti del Settimo Giorno e i mormoni. La comunità russa è prevalentemente ortodossa.

La moneta dell’Estonia è il Kroon, la cui abbreviazione è Kr. Una kroon è suddivisa in 100 senti (i nostri centesimi). Le monete sono da 5, 10, 20 e 50 senti e da 1 e 5 kroon. Le banconote si presentano in tagli da 2, 5, 10, 25, 50, 100 e 500 kroon. Il Paese avrebbe dovuto adottare l’Euro già nel 2007, ma la data è stata posticipata per ora al 2010.

Le banche sono aperte dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 16.00.
I negozi da lunedì a venerdì osservano l’orario di apertura 9.00 – 18.00, mentre il sabato chiudono alle 15.00.
I ristoranti restano aperti dalle 12.00 alle 23.00.
Le poste, infine, aprono alle 9.00 e chiudono alle 18.00 da lunedì a venerdì, il sabato chiudono alle 15.00.

Per chiamare in Estonia dall’Italia è necessario comporre il prefisso internazionale 00372. Per effettuare una chiamata a carico del destinatario dalla Lettonia comporre invece il numero 16116.

lunedì 30 marzo 2009

Indiani d'America: Apache


Con il nome Indiani d’America si intendono diverse tribù: oggi parliamo degli Apache, uno dei popoli più famosi.

Il nome Apache, tradotto, significa “nemico”. Personalmente, loro si definiscono con delle parole che vogliono dire “Uomini”. Della nazione Apache facevano parte sei sottogruppi: i Lipan, i Mescalero, i Chiricahua, i Kiowa, i Jicarilla e gli Apache occidentali.

In passato gli Apache erano un popolo nomade. Per vivere si dedicavano alla caccia e alla raccolta, mentre solo in un secondo momento iniziarono a praticare anche l’agricoltura. Per cacciare utilizzavano l’arco, poi con l’arrivo dei “bianchi” cominciarono ad usare anche i fucili. La preda preferita, poiché costituiva la loro fonte principale di sostentamento, era il bisonte.

L’abitazione tipo era il wickiups, delle piccole capanne circolari, costruite dalle donne, fatte di frasche con un tetto formato da rami intrecciati. Alla sommità veniva lasciato un piccolo buco per permettere la fuoriuscita del fumo. Nel periodo di nomadismo, una volta che gli Apache si trasferivano, l’accampamento veniva bruciato.

I vestiti degli Apache consistevano in tuniche o gonnellini di pelle di animali, i capelli erano sempre tenuti lunghi e sciolti o al massimo legati con una bandana intorno alla testa. Una particolarità per un popolo nomade: utilizzavano le scarpe, in particolar modo dei mocassini alti, che li proteggevano in un ambiente non propriamente ospitale.

Una delle grandi paure degli Apache è sempre stata quella dei cadaveri: la morte era un passaggio della vita molto sentito e anche molto tenuto, per questo i seppellimenti (in cavità naturali oppure in buche scavate nel terreno) venivano effettuati al più presto e rigorosamente di giorno. Il morto veniva seppellito sempre con tutti i suoi effetti personali vicino, perché c’era la convinzione che gli potessero servire in una vita nell’aldilà. Gli Apache adoravano diversi dèi, tra tutti ricordiamo gli spiriti protettivi delle montagne, chiamati ga’ns.

Alcune tribù apache praticavano la poligamia, ma questo non è ritenuto essere uno dei loro tratti caratteristici fondamentali; il matrimonio non era un legame particolarmente sacro, e questo è testimoniato dal fatto che potesse essere facilmente sciolto non solo dall’uomo, ma anche dalla donna.

A causa delle incursioni degli spagnoli, molti Apache furono costretti ad abbandonare le loro terre; il conflitto con i coloni durò per molti anni e fu particolarmente aspro. I nativi persero e furono costretti a trasferirsi nelle riserve. Oggi il numero di questo popolo è drasticamente diminuito a causa delle condizioni di vita delle riserve e della povertà che li affligge.

La Tana del Lupo & Mauerwald


Uno dei siti storici più lugubri di tutta la Polonia è la cosiddetta Tana del Lupo, un rifugio nazista nascosto dove la foresta è più fitta.

La Tana del Lupo, in tedesco Wolfsschanze, è un complesso di enormi bunker in cemento che nel corso degli anni sono andati in parte distrutti e in parte coperti dalla vegetazioni. Si estende su una superficie complessiva di 18 ettari.

E’ stato il principale quartier generale di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale. Il luogo venne scelto appositamente lontano dalle città e dalle vie di trasporto più importanti, per evitare che venisse scoperto. In totale vennero costruiti 80 edifici, tra cui 7 resistentissimi bunker per i gerarchi più importanti, tra cui Bormann, Göring e Hitler stesso.

Le pareti e i soffitti arrivavano fino agli 8 metri di spessore. Il complesso era circondato da numerose barriere di filo spinato, postazioni d’artiglieria e un campo minato all’avanguardia. A 5 km venne creato anche un aeroporto; una pista d’emergenza venne creata anche all’interno della zona fortificata. La Tana del Lupo era nascosta alla vista dalla fitta rete di alberi e da altre piante, oltre ad un ulteriore mimetizzazione creata con mascherature artificiali.

Hitler arrivò alla Tana del Lupo il 16 giugno 1941 e vi rimase fino al 20 novembre 1944. La lasciò solamente per compiere dei brevi viaggi. Gli Alleati scoprirono il sito solamente nel 1945.

Il bunker preferito dai visitatori è il n°6; il n°16 è però quello in condizioni migliori.

Il più noto esempio di presenza nazista in Masuria è quindi la Tana del Lupo, ma esiste anche un secondo complesso di bunker, meno conosciuto ma egualmente interessante, chiamato Mauerwald. Fu costruito 18 km a nord-est del quartier generale segreto di Hitler.

Mauerwald era composto da 30 bunker e da altri edifici che gli vennero annessi; tutti furono occupati dal 1941 al 1944 e ospitarono un certo numero di comandanti nazisti di alto rango, tra i quali figurarono il feldmaresciallo Paulus, il colonnello Von Stauffenberg e il generale Guderian.

I bunker sono oggi in ottime condizioni e variano da piccoli capanni a solidi blocchi a due piani, con pareti spesse fino a 7 metri. Il più grande è il bunker n°6, che presenta anche una torre in legno sopra al tetto, da cui si può osservare parte del complesso circostante. Diversamente da quanto accade nella Tana del Lupo, a Mauerwald si può entrare in quasi tutti i bunker, che sono molto umidi e oscuri. Si consiglia di portarsi una torcia per poterli visitare al meglio.

Castelli della Loira: Châteaudun


Oggi inizia un viaggio in Francia, alla scoperta dei più bei Châteaux de la Loire, ossia i Castelli della Loira.

Le Château de Châteaudun.

Châteaudun è un paesino che signoreggia sulla valle della Loira; prima fu insediamento celtico e poi un castrum romano, dal X secolo fu dominio dei conti di Blois.

Il castello di Châteaudun he avuto una storia travagliata: venne infatti di strutto da ben due incendi e passò di mano in mano diverse volte: dopo essere stato proprietà dei conti di Blois, nel 1391 venne ceduto a Luigi d’Orléans, e per successione andò a Carlo di Orléans. Infine, arrivò ad essere il castello di Giovanni di Dunois, conosciuto come il Bastardo di Orléans.

Giovanni di Dunois, dopo una giovinezza passata a combattere l’occupante inglese e a partecipare a tutte le maggiori imprese della Pulzella d’Orléans, decise di ritirasi nei suoi possedimenti di Châteaudun dove si dedicò alla trasformazione del castello, ma il suo lavoro venne purtroppo reso vano dall’incendio che si sviluppò nel 1723. Successivamente il castello venne colpito dal fuoco un’altra volta, nel 1870.

In origine questo castello era un’impenetrabile fortezza medievale e una suntuosa dimora feudale del XII secolo. La struttura portante del donjon, il mastio del castello, è costituita da travi in legno a ginocchio e fu aggiunta nel ‘400. Oggi ne resta solamente il torrione circolare.

Si accede al castello attraverso il cortile d’onore, dominato dal possente donjon, racchiuso dalle due ali del castello: l’aile Longueville e l’aile Dunois. Le finestre affacciate sul cortile d’onore del castello hanno dei trafori tardo-gotici molto elaborati. Da visitare anche la Sala delle udienze, che venne interamente ridecorata nel XVII secolo in onore di una visita del Re Sole. In questa stessa stanza, qualche anno dopo, nel 1793, fu istituita la sede del tribunale rivoluzionario.

Accanto al mastio è incastonata la Sainte-Chapelle (1451 – 1494), costruita in stile gotico fiammeggiante.

domenica 29 marzo 2009

Top five: Mosca


Top five: cosa vedere a…Mosca!

Mosca era in passato la capitale del principato di Moscovia, ma nel 1326 divenne anche la capitale della Russia. Pietro il Grande spostò però la capitale a San Pietroburgo, ma con il periodo della Rivoluzione Mosca riuscì a riacquisire questo titolo.

E’ una città molto più asiatica di San Pietroburgo, l’altro grande centro della Russia, che invece ha un carattere più europeo. E’ il cuore del Paese, il centro dei grandi percorsi commerciali nonché la sede del patriarca della Chiesa ortodossa.

Da visitare:
1. la PIAZZA ROSSA.
Красная Площадь. E’ il simbolo della Russia, il luogo dove storicamente il potere comunica al mondo i suoi messaggi. Dal 1990 è Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. E’ una delle piazze più famose e più vaste del mondo: misura 695 metri di lunghezza e 130 di larghezza, occupando una superficie complessiva di quasi 75.000 m2. Venne aperta alla fine del XV secolo. Il termine “Красная” in russo antico voleva dire “bella”, solamente nel russo moderno ha assunto il significato di “rossa”. A Ovest la Piazza Rossa è chiusa dalla muraglia merlata del Cremlino, davanti al quale si erge il mausoleo di Lenin; a Nord si trova il Museo storico; a Est i magazzini GUM e infine a Sud si scaglia il profilo della cattedrale di San Basilio;


2. la CATTEDRALE DI SAN BASILIO.
Храм Василия Блаженного. E’ l’edificio immagine dell’arte russa, formato da nove chiese collegate fra di loro. L’attuale struttura venne ultimata nel 1561 dai costruttori Barma e Postnik. Il vero nome dell’edificio sarebbe “cattedrale dell’Intercessione”, ma è da sempre conosciuto come cattedrale di San Basilio perché contiene la cappella funeraria con le spoglie di Basilio, uomo santo e bizzarro allo stesso tempo, in stretto contatto con Dio e dai poteri profetici. La cattedrale di San Basilio è l’emblema della fusione di stili architettonici e di culture: lo stile predominante è quello rinascimentale, ma le nove cappelle sono di chiara matrice bizantina;


3. il CREMLINO.
Кремль. Il Cremlino è la cittadella fortificata posta su una scarpata rocciosa alta 40 metri sulla Moscova, il fiume che lambisce Mosca. E’ chiuso da un triangolo perfetto di mura merlate, lunghe due chilometri, con ben 20 torri. E’ il santuario del potere politico russo. E’ possibile visitarne l’interno dalle 10 alle 17 tutti i giorni eccetto il giovedì. Fino al 1955 il Cremlino era precluso ai visitatori e aperto solamente alle persone autorizzate. Venne reso accessibile senza formalità a tutti nel 1958. All’interno occorre non oltrepassare le linee bianche segnate a terra o i limiti indicati dai militari di guardia;


4. il GRANDE TEATRO.
Большой Театр. Il Grande Teatro di Mosca fu costruito negli anni dal 1821 al 1824; venne distrutto da un incendio nel 1853 e venne ricostruito nel 1856. La facciata solenne con pronao classico e il frontone sormontato dalla quadriga di Apollo in bronzo, opera di Klodt, è veramente da ammirare. Il Grande Teatro è stato soggetto ad una lunga chiusura per un radicale restauro che vorrebbe riportarlo ai massimi splendori, come al momento dell’apertura. In epoca sovietica era un santuario della musica sinfonica, del balletto e della lirica russi, poi negli anni ’70 attraversò un momento di crisi dovuto alla fuga delle sue étoiles all’estero. Un’altra crisi si ebbe negli anni ’90 per l’ascesa del Mariinskij di San Pietroburgo. Oggi il Grande Teatro è una tappa obbligatoria durante una visita a Mosca;


5. il MAUSOLEO DI V. I. LENIN.
Мавзолей В. И. Ленина. Dopo la morte di Lenin venne fatto erigere un mausoleo in legno in suo onore che venne poi ricostruito l’anno dopo. Nel 1929-1930 venne eretto l’attuale mausoleo in granito rosso d’Ucraina. La sua forma è quella di una piramide quadrata tronca ad alti gradoni. Sull’architrave è inciso il nome Lenin in caratteri cirillici. Nel 1953 venne trasportata nel Mausoleo anche la salma imbalsamata di Stalin, che venne in un primo momento collocata di fianco a quella di Lenin. Successivamente fu però spostata e inumata sotto le mura del Cremlino. Il Mausoleo di Lenin si può visitare dalle 10 alle 13 tutti i giorni, tranne il lunedì. I giorni di chiusura fissati comprendono anche le date di nascita (22 aprile) e di morte (21 gennaio) dello statista. E’ assolutamente vietato entrare all’interno dell’edificio con macchine fotografiche e borse.

Gli Igbo


Gli Igbo sono un gruppo etnico dell’Africa abbastanza esteso; vive principalmente in Nigeria, ma anche in alcune zone della Guinea e del Camerun. Il nome Igbo viene spesso detto Ibo dagli europei per una pronuncia più facilitata.

In passato si può affermare che gli Igbo fossero una civiltà parecchio sviluppata: non esisteva un re o un capo che li governava, ma un’assemblea di persone elette dal popolo stesso (una specie di democrazia tribale strutturata); avevano sviluppato ben due sistemi matematici ed utilizzavano un calendario che complessivamente contava 365 giorni.

La loro cultura iniziò ad “occidentalizzarsi” quando l’Impero Britannico prese possesso delle loro terre: la religione cambiò e diventò quella cristiana e i modelli culturali dell’Occidente iniziarono a penetrare nella cultura Igbo tradizionale.

La storia di questo popolo fu particolarmente dura nella seconda parte del 1900, quando una parte degli Igbo decise di riunirsi nella Repubblica del Biafra. Questo scatenò una violenta e sanguinaria guerra civile che provocò la morte di centinaia di indigeni. La guerra si concluse nel 1970, con la sconfitta degli indigeni.

Gli uomini sono tradizionalmente poligami, mentre le donne devono essere sempre fedeli al proprio marito. Secondo la tradizione igbo esistono due tipi di anima: uno spirito eterno superiore a tutto e una forza vitale che cessa di esistere alla morte del corpo. Il dio supremo dell’antica religione si chiama Chukwu, che tradotto significa “grande spirito”.

La lingua parlata da questo popolo è l’igbo. Prima dell’arrivo degli europei i dialetti che venivano parlati erano numerosi e quasi incomprensibili. Molto utilizzati sono i proverbi e le metafore.

La musica è una parte molto importante della cultura degli Igbo; un tamburo spesso utilizzato è l’Udu, solitamente realizzato in argilla, suonato dalle donne durante i riti e le cerimonie tradizionali.

Un libro ambientato in Nigeria parla proprio di questo popolo: Things Fall Apart dello scrittore Chinua Achebe.

Contea di Nordland: Ofoten


Quinta e ultima tappa attraverso il Nordland norvegese: questa volta tocca a Ofoten.

Da visitare sicuramente la montagna di Narvik, che rappresenta un’attrazione in sé. E’ una delle più belle piste alpine della Norvegia, dove si può scendere dalla vetta fino al fiordo. D’estate è una zona ideale per chi ama la mountain bike.
Alla base della Narvik di oggi si trovano il ferro e l’attività mineraria. Il Museo Ofoten racconta la commovente storia della costruzione della ferrovia. Un viaggio su questa ferrovia di è un incredibile viaggio nella natura selvaggia, in una zona montuosa meravigliosa. Si possono visitare anche i rallar, il percorso dei manovali che sono stati adoperati per far nascere questa ferrovia; nel periodo di attività più intensa erano 5.000 gli uomini addetti alla sua costruzione, che venne portata a termine nel 1902.
A Narvik si trova anche la più spericolata palestra per arrampicarsi al coperto: tredici metri di altezza e spazio per ventiquattro cordate contemporaneamente.

A Ballangen c’è il fiordo di Efjorden, da molti ritenuto il più bel fiordo di tutta la Norvegia. Un vista meravigliosa e ci si può anche pescare!
A Vallebukta, invece, ci sono incisioni rupestri vecchie di 9.000 anni, tra le più antiche in Norvegia.

A Ofotjorden si possono fare immersioni ai relitti della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1940, nei primi giorni di guerra, sono stati abbattuti più di cinquanta aerei e sono state affondate quarantasei navi. Al Museo dei Ricordi di Guerra ci si può fare un’idea del periodo drammatico della storia norvegese recente.

Lingua estone

L’estone è fa parte del gruppo balto-finnico delle lingue ugro-finniche e per questo motivo è strettamente affine al finlandese. La sua grammatica è particolarmente difficile: ci sono 14 casi, gli aggettivi sono declinabili e manca completamente la forma del tempo futuro. In più, il lessico è privo di legami con altri idiomi al di fuori del proprio gruppo linguistico.

All’inizio del ‘900 venne attuata una riforma completa e radicale della lingua estone da parte di Johannes Aavik. Il processo di ampliamento del vocabolario è in corso ancora oggi, con l’invenzione di nuovi termini estoni per adeguare la lingua alle moderne esigenze.

La maggior parte degli estoni capisce un po’ di finlandese e un po’ di inglese, ma è molto apprezzato il tentativo di dire qualche parola nella loro lingua madre.

Un particolarità: l’estone vanta la parola con il maggior numero di ripetizioni consecutive di una stessa vocale: äääär, che significa “bordo del ghiaccio”.

Rispetto all’italiano nella lingua estone mancano le lettere “q”, “w” e “x” ma in più ci sono “š”, “ž”, “õ”, “ä”, “ö” e “ü”. L’accento cade sempre sulla prima sillaba.

Le regole di pronuncia dell’estone differenti dall’italiano sono le seguenti:
-aa: “a” lunga;
-ae: come gaie;
-e: “e” aperta, come letto;
-ee: “e” lunga;
-ii: “i” lunga;
-o: “o” aperta, come volta;
-uu: “u” lunga;
-õ: come in inglese girl;
-õi: come in inglese curly;
-ä: “a” aperta;
-äe: come aereo;
-ää: “a” molto lunga e molto aperta;
-ö: come in inglese nurse;
öö: come sopra, ma più lunga;
-c: come lenza;
-g: come gatto;
-j: come ieri;
-k: più leggera rispetto all’inglese;
-š: come sciare;
-ž: come in francese jambe.

Per quando ci si rivolge a stranieri o a persone appena conosciute bisogna usare il formale te e teie, mentre sa e sina sono riservati solo a bambini, familiari e amici stretti.

Pillole di estone:
-ciao: TERE;
-arrivederci: HEAD AEGA;
-sì: JAH;
-no: EI;
-grazie: TÄNAN;
-prego: PALUN;
-mi chiamo Laura: MINU NIMI ON LAURA;
-aiuto!: APPI!

Repubblica Ceca: istruzioni per l'uso


Informazioni sulla Repubblica Ceca.

La Repubblica Ceca viene spesso associata nei discorsi alla Slovacchia. Questo risulta però essere un errore, poiché i due Paesi sono stati uniti per un totale di soli 88 anni.

La Repubblica Ceca è posta esattamente al centro dell’Europa; per secoli fu sotto il controllo del Sacro Romano Impero, successivamente venne invasa dagli Asburgo, dai nazisti e infine dai sovietici.

I cechi sono un popolo cosmopolita e aperto alle idee nuove. Un detto popolare li contrappone agli slovacchi, che sono invece visti come provinciali e legati alle tradizioni. A prima vista i cechi possono sembrare un po’ scontrosi, ma poi si rivelano essere cordiali e generosi.

La struttura sociale predominante in Repubblica Ceca è ancora oggi la famiglia. Il lavoro inizia molto presto, anche prima delle 7, e finisce altrettanto presto, verso le 16, 16.30. La pausa del mezzogiorno è parecchio lunga.

Il Paese è formato dalle regioni della Boemia a ovest e della Moravia a est. La Boemia è situata su un altopiano attraversato dalla Vltava, la Moldava; la Moravia invece è costituita da un territorio prevalentemente pianeggiante, attraversato dalla Morava.

Buona parte della Repubblica Ceca è interessata da un clima continentale umido: le estati sono calde e piovose e gli inverni rigidi e nevosi. In primavera e in autunno sono frequenti acquazzoni improvvisi. Le temperature in inverno scendono solitamente al di sotto dello 0°C, mentre in estate salgono di poco al di sopra dei 20°C.

La valuta della Repubblica Ceca è la Koruna česká, la Corona ceca. (Viene abbreviata in Kč.) Si divide in 100 heller. Le banconote sono presenti in tagli da 20, 50, 100, 200, 500, 1000 e 5000 corone. Gli Euro e i Dollari sono le monete straniere più accettate.

Le banche e le poste sono aperte da lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 16.30.
I negozi aprono dalle 9.00 alle 17.00 nei giorni da lunedì a venerdì, mentre il sabato chiudono alle 12.00.
I ristoranti aprono alle 10.30 e chiudono attorno alle 22.30.

Per chiamare in Repubblica Ceca dall’Italia è necessario comporre il prefisso internazionale 00420.

Top ten: Parigi (part 2)


Parigi: seconda parte!

Ecco gli ultimi cinque monumenti della top ten da visitare nella capitale della Francia:
6. NOTRE DAME.
E’ la cattedrale cattolica di Nostra Signora (dedicata alla Madonna) situata nell’Île de la Cité. E’ una delle costruzioni gotiche più celebri al mondo. La costruzione della cattedrale iniziò sotto il regno di Luigi VII, nel 1163, e venne conclusa nel 1345.. Ha una pianta rettangolare; all’interno sono presenti numerose cappelle laterali, cinque navate e un doppio deambulatorio nella zona dell’abside. E’ lunga 128 metri, larga 48 meri e alta, fino alla guglia, 96 metri. Notre Dame è stata resa ancora più celebre dal libro “Notre Dame de Paris” del grande scrittore francese Victor Hugo. Personalmente, tra le centinaia di cose che meritano l’attenzione in questa chiesa, quelle che mi hanno colpito di più sono il Portale della Vergine, dedicato interamente alla Vergine Maria, le torri della cattedrale (la salita è a pagamento, ma il panorama che si vede da lassù vale il prezzo del biglietto), il rosone gotico della facciata e i 23 bassorilievi raffiguranti la vita di Cristo.
Notre Dame fu un luogo importante anche dal punto di vista storico: qui venne incoronato il re d’Inghilterra Enrico VI, qui venne fatto il processo a Giovanna d’Arco e qui venne incoronato Napoleone I Bonaparte;


7. BASILIQUE DU SACRÉ CŒUR.
La Basilica del Sacro Cuore domina la città di Parigi dall’alto di Montmartre, uno dei quartieri più belli e più amati di Parigi. Venne fatta costruire dopo la sconfitta del 1870 nella guerra contro i prussiani e dopo l’esperienza della Comune di Parigi. La forma dell’edificio è quella di una croce greca. Lo stile principale della basilica è il romanico - bizantino. Il colore bianco delle sue quattro cupole è dovuto alla pietra calcarea che non trattiene la polvere e lo smog, e ne mantiene il colore, e le rende visibili fino a chilometri di distanza. E’ un luogo di pellegrinaggio molto sentito, che vede fedeli alternarsi giorno e notte davanti al suo altare;


8. PLACE DE LA CONCORDE.
La piazza della Concordia, situata al termine degli Champs-Élysées, all’intersezione fra il Louvre e l’Arco di Trionfo, è la più grande di tutta Parigi e una delle più belle del mondo. Venne creata dall’architetto Jacques Gabriel. Il Governo francese la scelse come luogo dove porre la statua equestre di Luigi XV; per questo motivo venne chiamata inizialmente Place Louis XV. Nel periodo della Rivoluzione francese la statua del sovrano fu abbattuta, la piazza cambiò nome in Place de la Révolution e vi fu eretta la ghigliottina, che attirò sempre folle immense per assistere alle decapitazioni. Molte furono le personalità importanti della Storia francese che vennero ghigliottinate in questo luogo: tra tutti Marie Antoinette, Danton, Robespierre e anche il re Luigi XVI. Al termine della Rivoluzione i francesi vollero cambiarle nuovamente nome e finalmente diventò Place de la Concorde. Nel mezzo del quadrato della piazza si trova un obelisco di più di 3000 anni e alto più di venti metri che arriva dalle rovine del tempio di Luxor;


9. LOUVRE.
Il Louvre è sicuramente uno dei più celebri musei di tutto il mondo, sia per la sua storia, che per la sua architettura ma soprattutto per le opere d’arte che contiene: per citarne alcune, la Gioconda e la Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci, la Libertà che guida il popolo di Delacroix oltre che ad opere di Rembrandt, Jacques-Louis David, Caravaggio e Raffaello. Il nome “Louvre” potrebbe derivare da “L'Œuvre”, che in francese significa “il capolavoro”, perché era il palazzo più grande di Parigi. Prima di essere un museo il Louvre era la residenza dei re francesi. Nell’immaginario collettivo il Louvre si identifica con la Piramide di vetro, che di notte diventa particolarmente suggestiva;


10. JARDINS DE TUILERIES.I Giardini di Tuileries vennero creati nel 1600 da André le Notre su volontà di Caterina de’ Medici, che voleva un tocco di Rinascimento nella capitale francese. Gli aristocratici del tempo amavano passeggiarvi per trascorrere il tempo; oggi sono una meta imperdibile di Parigi, dove si può decidere di rilassarsi davanti allo stagno oppure divertirsi andando al Luna Park. Si trovano tra la Place du Carrousel e Place de la Concorde, comprendono due vasti settori attraversati da un viale centrale fiancheggiato da aiuole e da sculture, su una superficie enorme.

sabato 28 marzo 2009

Folklore in Lettonia


La cultura lettone è intrisa di folclore; la maggior parte degli usi e dei costumi dei lettoni risalgono o sono legati all’epoca e alle usanze pagane.

La Festa di Mezza Estate, o Jāņi, è sempre stata una festa importante in Lettonia. Nell’epoca pagana, narrano le leggende, era la notte della magia e della stregoneria, durante la quale le streghe giravano nude in libertà ad ammaliare umani, animali e piante. Oggi è l’evento più importante della Lettonia, e i festeggiamenti iniziano il 23 giugno. Secondo quanto vuole la tradizione, la gente si riversa nelle campagne per celebrare questa notte così particolare a stretto contatto con la natura. Per l’occasione vengono preparate birre speciali, formaggi e torte. Per propiziare la buona sorte e per proteggere le famiglie dagli spiriti maligni, intorno alle case vengono appese erbe e fiori, e sia uomini che donne si adornano con delle ghirlande. Nessuno può andare a dormire prima di aver visto un tramonto e una nuova alba, altrimenti la sfortuna lo perseguiterà per un intero anno. Per rimanere svegli e non cedere al sonno i rimedi escogitati dai lettoni sono parecchi: ci si riunisce attorno a grandi falò, si intonano canti popolari, si mangia e si beve e si balla.

Altre credenze della Lettonia riguardano i bambini: ogni volta che nasce un bambino appare nel cielo una nuova stella che gli rimarrà legata per tutta la vita. Alla morte della persona la stella cade sulla terra, a simboleggiare la scomparsa della sua anima per sempre. Sempre per quanto riguarda i bambini, quelli nati in una giornata soleggiata sono considerati più fortunati di quelli nati in una giornata nuvola o di pioggia.

Le cicogne sono il simbolo nazionale, e si dice che portino molta fortuna, specialmente se decidono di nidificare nei pressi di una casa.

Anche per i defunti ci sono delle credenze: se vi recate in un cimitero della Lettonia noterete che le stradine di sabbia intorno alle tombe non presentano impronte, perché sono meticolosamente rastrellate. Si crede infatti che lo spirito del defunto segua fino a casa chi va a fargli visita, se le sue impronte non vengono prontamente cancellate.

Il greco


La lingua greca, o ellenica, è la lingua parlata dalle popolazioni greche; la sua storia dura da 3500 anni, anche se nel corso del tempo ha subìto molte variazioni, ed è la più lunga tra quella delle lingue europee. La fase del greco moderno è fissata dal XVI secolo fino ai giorni nostri. Appartiene alle lingue centum.


Il greco moderno si compone di due varianti linguistiche: la Katharévousa, la lingua dotta ricalcata sul dialetto classico, e la dumotikì, la lingua comune popolare. Quest’ultima nacque alla fine dell’Ottocento da studiosi e scrittori greci che promossero una sistematizzazione della lingua popolare a scopo didattico ed educativo. E’ questa, dal 1975, la lingua ufficiale della Grecia.


La grammatica è molto più semplice rispetto al greco antico. La costruzione della frase segue lo schema soggetto – verbo - oggetto come in italiano. Ci sono tre generi: il maschile, il femminile e il neutro. Ogni sostantivo va declinato a seconda del caso e del numero. Gli articoli sono obbligatori come in italiano.


I nomi delle lettere dell’alfabeto greco sono i seguenti: alfa, beta, gamma, delta, epsilon, zeta, eta, theta, jota, cappa, lambda, mi, ni, csi, omicron, pi, rho, sigma, tau, upsilon, fi, psi e omega.

Contea di Nordland: Vesterålen

La quarta tappa alla scoperta della regione del Nordland norvegese tocca le Vesterålen.

In queste isole sono state scoperte tracce di attività umane che risalgono a ben 8.000 anni fa.

Gli amanti degli animali potranno vedere alle Vesterålen i capodogli sparire nelle profondità del mare, uccelli molto rari come la pittima reale, che nidifica soltanto a Andøya, oltre che la procellaria artica e la sula, due specie rarissime che si trovano nella parte occidentale delle isole. Più comuni, ma comunque affascinanti, le gazze marine, le urie, i cormorani, le pulcinelle di mare, i cigni e gli aironi cinerini. Ogni anno, inoltre, arrivano alle Vesterålen enormi migrazioni di oche selvatiche.

A Sortland ci si immerge nel “Progetto blå by”, il “Progetto città blu”: strada dopo strada e casa dopo casa tutto è dipinto completamente di blu. E sui muri si trovano brevi poesie di Christensen.

Da Stø partono ogni giorno i safari alla balena. A Litløy esiste invece un centro culturale in mezzo al mare. Qui ci devono essere stati insediamenti umani fin dall’Età del Ferro. Negli anni ’50 ci abitavano solamente i guardiani del faro; oggi ci sono rimaste le aquile di mare. E’ un luogo incontaminato e a contatto con la natura più selvaggia.

Il Vesterålen reseliv è l’ufficio turistico delle Vesterålen, dove è possibile recuperare informazioni sui 6 comuni della regione: Hadsel, Sortland, Andø, Bø, Lødingen e Øksnes.

venerdì 27 marzo 2009

Il Parco Nazionale del Triglav

La vetta simbolo della Slovenia è il Triglav (in italiano Tricorno), la montagna più alta del Paese. Si raggiunge entrando in Slovenia dal valico di Casa Rossa a Gorizia, e prendendo la statale 103 verso Tolmin, e poi la 102 verso Bovec.

Secondo quanto afferma la leggenda, ogni sloveno che si rispetti deve salire sulla vetta del Triglav almeno una volta nella vita. Nel farlo bisogna però stare attenti, soprattutto nell’ultimo tratto: è qui infatti che si trova uno dei principali pericoli per gli scalatori che puntano alla cima del monte. Generalmente dalla fine di ottobre all’inizio di giugno è inaccessibile. I mesi di giugno e luglio sono comunque molto piovosi (a volte capitano anche delle precipitazioni di carattere nevoso), quindi il periodo migliore per visitarlo è nei mesi da agosto a ottobre.

Il Triglav è l’unico parco nazionale del Paese, con 83.800 ettari di superficie (copre quasi il 4% del territorio nazionale); raccoglie gran parte delle Alpi Giulie situate in territorio sloveno. Al suo interno ci abitano poco più di 2.000 abitanti sparpagliati in 25 paesi.

Il parco venne fondato nel 1924 e ampliato nel 1981. Oggi è un modello in tutta Europa, perché continua a crescere, nonostante accolga già 5.500 tra specie animali e vegetali (tra cui seicento orsi), oltre che a trecento siti di interesse culturale.

All’interno del parco sono da vedere l’Alpinum Juliana, che raccoglie circa 500 specie botaniche, e la Dom Trenta, la sede dell’ente del parco, che offre guide naturalistiche e un museo dedicato alla geologia e alla storia del parco.

Per i più giovani il parco nazionale del Triglav ha avviato il programma Junior Ranger, un progetto pilota in Europa, che coinvolge i ragazzi a partire dai 13 anni in camp formativi. Alla fine dell’esperienza i più meritevoli possono diventare junior ranger, il livello d’accesso per entrare a far parte dell’organizzazione del parco.

Lungo il parco si snodano diversi sentieri ben segnalati, con ogni tipo di difficoltà: da quelli adatti alle famiglie a quelli solo per scalatori più esperti. Attenzione a rispettare tutte le norme di comportamento vigenti: non si lasciano in giro immondizie, non si raccolgono fiori e soprattutto non si accendono fuochi. La flora e la fauna presenti nel monte Triglav sono eccezionali, e non bisogna assolutamente metterli in pericolo.

Valle della Loira: istruzioni per l'uso

Informazioni sulla Valle della Loira.

La Loira è il più lungo fiume interamente francese. Il suo bacino idrografico è quasi il doppio di quello del Po; la sua lunghezza è di 1.012 km. Il fiume nasce sul monte Gerbier-de-Jonc, nell’area meridionale del Massiccio Centrale, e sfocia nell’Atlantico. Dal 2000 è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

La Loira è stato, dal punto di vista storico, un fiume molto importante: ha fatto, ad esempio, da sfondo al martirio di Giovanna d’Arco e alla riscossa dei Valois contro gli inglese di Enrico VI. Alla fine della guerra dei Cent’anni la Valle della Loira divenne il centro del potere francese. Per oltre 150 anni con la dinastia dei Valois le sue sponde furono la sede dei re di Francia. Fu il primo fiume francese a diventare fleuve royal, ossia fiume reale.

La più grande ricchezza della Valle della Loira sono i suoi castelli: se ne contano oltre 600. Da questi castelli il potere non veniva solo amministrato, veniva principalmente esibito. L’architettura aveva lasciato posto al gusto estetico piuttosto che alle esigenze difensive: scomparvero infatti gli elementi tipici dei castelli medievali, come le feritoie.

La Valle della Loira è conosciuta come il Giardino di Francia, e oltre che per i suoi magnifici castelli è nota per la qualità delle sue città storiche, tra cui figurano Amboise, Tours, Chinon, Nantes e Blois.

La Valle della Loira è anche famosa perché è in questa zona che si produce uno dei migliori vini del mondo.

I negozi della regione della Valle della Loira sono aperti da martedì a sabato dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 19.00.
Anche le banche restano chiuse al lunedì, e osservano questo orario di apertura da lunedì a sabato: 8.30 – 12.00 e 14.00 – 17.00.
La posta è aperta dalle 8.30 alle 18.00.
I musei sono chiusi il martedì, mentre i castelli sono aperti generalmente anche la domenica.

Il clima della Valle della Loira è temperato, con precipitazioni frequenti (portare con sé un ombrello è sempre utile!).
Per chiamare in Francia dall’Italia bisogna comporre il prefisso internazionale 0033.

I Maya

I Maya sono una delle più grandi civiltà che il mondo abbia mai conosciuto. Il loro impero si estese per un millennio negli attuali territori del Messico orientale, del Guatemala, del Belize e dell’Honduras settentrionale.

Queste terre conservano monumenti paragonabili, per magnificenza e ingegno, a quelli degli egiziani, dei greci e dei romani, mentre i graffiti e le iscrizioni ci parlano di un popolo che forse era andato anche oltre le conoscenze architettoniche, matematiche e scientifiche dei nostri progenitori euroasiatici. Un esempio: nel 682 si tenne un congresso di astronomi nell’attuale Honduras, durante il quale fu messo a punto un calendario in cui l’anno solare è calcolato di 365,2420 giorni (gli studi recenti hanno invece decretato che la sua durata è di 365,2422 giorni, e la differenza tra i due dati è davvero minima).

Per altri versi, invece, i Maya sono un popolo molto misterioso e la loro storia presenta larghi vuoti, soprattutto per quanto riguarda la decadenza: quando gli spagnoli giunsero in America, trovarono un popolo impoverito e stanco, non più forte come nel suo grande passato. Con il passare degli anni venne pian piano dimenticato e la foresta tropicale inghiottì i templi e i palazzi, cancellandoli alla vista. I primi scavi degli archeologi in queste zone risalgono solamente al Ottocento, ma è probabile che dei veri tesori architettonici e storici siano ancora da scoprire.

La lingua dei Maya era diversa da quella dei Nahua, gli abitanti del confinante impero messicano. Se il nahuatl è simile ad alcune parlate settentrionali, la lingua maya è di ceppo diverso e sembra avere caratteristiche comuni con il Chibcha della Colombia. Per questo motivo gli studiosi pensano che i Maya siano giunti dal Sud, anche se non si riesce a stabilire in quale epoca questo possa essere successo.

Il periodo classico della civiltà maya inizia nel 242 della nostra era, quando sale al potere il grande capo Holòn Chan, il capostipite di una grande dinastia e il fondatore di diverse città. Questo e pochi altri personaggi sono conosciuti oggi grazie ad uno scarso numeri di fonti, in parte originali e in parte riflesse. Ci sono pervenuti alcuni codici e alcuni libri su carta vegetale.

Uno dei monumenti più belli e più importanti della civiltà maya è sicuramente la grande piramide di Chichén Itzà, fatta costruire da Lakin Chan. Una parte di questo edificio, il “chak-mol”, era destinato ai sacrifici umani.

Il periodo classico della decadenza iniziò verso l’800, quando il fervore civile e culturale dei Maya iniziò a raffreddarsi e soprattutto quando si cominciò a far sentire dall’esterno la pressione delle popolazioni nahua, ben più espansionistiche e bellicose. Anche i Toltechi, popolo precedente a quello azteco, migrarono nelle zone dei Maya, anche se la loro non fu una conquista militare, ma un processo di assimilazione durante il quale i Toltechi e i Maya si scambiarono esperienze e conoscenze.

Verso la fine del regno dei Maya, ciò che restava dell’impero venne diviso in diciannove caciccati, ognuno dei quali governato localmente con proprie leggi, ma senza quasi alcun ricordo della grandezza passata. Le grandi piramidi e i palazzi iniziarono a essere coperti dalla vegetazione e un secolo più tardi non riuscivano nemmeno ad essere scorti.

giovedì 26 marzo 2009

Il cinese

Il cinese è una lingua inclusa nella famiglia delle lingue sino-tibetane; la sua scrittura deriva dai pittogrammi incisi nella terracotta risalenti a circa 6.000 anni fa.

Non esiste un’unica lingua cinese parlata, poiché le variazioni regionali sono molto marcate e non possono essere considerati dialetti, ma più lingue a sé stanti. La forma principale di cinese è il mandarino standard, la più parlata al mondo. Il cinese scritto, invece, è uguale per tutti i cinesi, solamente con poche eccezioni.

I principali gruppi di dialetti sono il mandarino, il gan, l’hakka, lo wu, lo xiang , il min e infine il bantonese standard.

Il cinese è una lingua isolante (ciò significa che i verbi non vengono coniugati e gli articoli non esistono), con un gran numero di parole composte, e omofona. Nella frase, il cinese segue l’ordine soggetto – verbo - oggetto e fa un uso frequente della costruzione tema – rema per formare le frasi. I pronomi e i soggetti non vengono espressi.

Nella lingua cinese l’alfabeto per comporre una parola non esiste. In Cina le parole scritte vengono definite “caratteri”; ogni carattere si scrive con uno o più tratti a comporre una figura. Ogni carattere può esprimere sia una parola che un concetto.

La lingua cinese prevede complessivamente 415 sillabe che possono essere pronunciate in quattro toni diversi. Il sistema adottato a partire dalla fine degli anni ’50 per trascrivere con caratteri latini la pronuncia degli ideogrammi è la traslitterazione Pinyin. I toni sono una parte molto importante della lingua cinese, perché alterando il tono di una sillaba se ne altera il significato.

Bandiere dal mondo

La bandiera danese si chiama Dannebrog, ed è la bandiera nazionale più antica del mondo. Secondo la leggenda risale al 1219, all’epoca dell’invasione dell’Estonia da parte di Valdemaro II il Vittorioso. L’esercito danese era sull’orlo della disfatta, ma trovò l’inaspettata vittoria grazie a un vessillo rosso con una croce bianca caduta dal cielo. Una voce tra la nebbia disse che se la bandiera fosse stata issata, i Danesi avrebbero vinto la guerra. Il popolo della Danimarca seguì le istruzioni della voce e vinse. Da quel momento la bandiera rossa con croce bianca al centro è diventata la bandiera ufficiale della Danimarca.

La bandiera del Portogallo è formata da 1/3 di verde nella parte vicina all’asta e da 2/3 di rosso nella parte al vento. Al centro si trova uno stemma costituito da una sfera armillare con lo scudo portoghese sovrapposto. L’adozione avvenne nel 1911. Il verde simboleggia la vegetazione portoghese, mentre il rosso il sangue del suo popolo versato durante le guerre. La sfera dorata, invece, rappresenta le conquiste che il Portogallo è riuscito a fare nel corso della Storia; era il simbolo dell’impero coloniale portoghese nel periodo della rivoluzione.

I colori della bandiera dell’Islanda sono il blu, che rappresenta il cielo, il bianco, il colore della croce che simboleggia la neve e il rosso, il colore di una seconda croce all’interno di quella bianca, a rappresentare il fuoco. I colori identificano pienamente l’appellativo che viene dato all’Islanda: “terra di ghiaccio e di fuoco”. Venne ufficialmente adottata nel 1915 per rappresentare l’Islanda come territorio danese, ma dal momento che lo Stato divenne indipendente, la bandiera venne mantenuta come emblema della nuova Repubblica.

La storia della bandiera svizzera è abbastanza travagliata: fino al 1800 non esisteva una bandiera nazionale, ma era usanza per i soldati che andavano in guerra, fin dal 1300, cucirsi come segno di riconoscimento una croce bianca sulle divise. Napoleone proibì loro questa usanza e fece in modo che adottassero un tricolore verde, rosso e giallo. Quando la repubblica elvetica si sciolse, questo tricolore venne abbandonato. Dopo la caduta di Napoleone alle truppe venne dato un bracciale rosso con una croce bianca tronca. Da qui nacque la bandiera Svizzera che, a differenza delle altre bandiere mondiali, non ha una forma rettangolare bensì quadrata. (L’altro esempio di bandiera quadrata è quella dello Stato del Vaticano)

La bandiera della Repubblica d’Irlanda è un tricolore con tre bande verticali di uguali dimensioni: partendo dall’asta si trova il verde, il bianco e l’arancio. Il verde simboleggia le popolazioni nazionaliste e l’arancio quelle unioniste, che vivono in pace nonostante le loro differenze. Il concetto della pace è espresso dal colore bianco, posto al centro degli altri due colori, come in segno di unità. Venne adottata come bandiera nazionale nel 1922.

Contea di Nordland: Lofoten

La terza tappa della regione del Nordland sono le Lofoten.

Le Lofoten sono da sempre amate dagli artisti, probabilmente per qualcosa che ha a che fare con la luce di questa regione, che tinge la natura e gli abiti di mille colori, dall’oro al blu ghiaccio. E’ una luce in continuo movimento che strega qualsiasi turista.

Alle Lofoten si trovano i rourber, le case di pescatori situate tra la riva e il mare, e i sjøhus, gli edifici costruiti sui moli che una volta venivano usati per la lavorazione del pesce e come alloggio per i pescatori, mentre oggi vengono rimodernati e offerti ai turisti come luoghi di pernottamento.

In questa regione del Nordland norvegese i reperti archeologici risalenti ai tempi dei vichinghi si possono trovare un po’ ovunque: due siti particolari sono Storvågan e Borg. A Storvågan è presente il Museo delle Lofoten, costruito attorno ad un’antica fattoria in un villaggio di pescatori. L’edificio principale risale al 1815 e contiene varie esposizioni, tra cui quella di oggetti della cultura vichinga. Nel museo si trovano anche antiche capanne da pescatore e utensili di epoca preistorica e medievale. A Borg, invece, si può visitare un’imponente ricostruzione di una casa dell’epoca vichinga, la più grande di cui siano stati trovati resti. Sono disponibili visite guidate alla sala dei banchetti, alla parte con le abitazioni e alla copia di una nave vichinga, alla bottega del fabbro e alla rimessa per le barche. Il cortile del Museo vichingo offre anche un cortile con cinghiali, cavalli e pecore. Nei mesi estivi vengono organizzate attività ed escursioni con la nave vichinga.

Anche con la flora e la fauna c’è l’imbarazzo della scelta: nei mesi invernali, a Vestfjorden, è possibile entrare in contatto ravvicinato con le orche, mentre a Røst e Værøy, due piccole isole circondate dall’oceano, nidificano miriadi di uccelli di mare e la varietà di pesci presenti nelle acque circostanti è impressionante.

A Svolvær si va invece per vedere le magnifiche sculture e installazioni di ghiaccio, artisticamente illuminate e accompagnate da musica e immagini, tradizioni e vita dei pescatori sull’isola.

mercoledì 25 marzo 2009

I Pipile

I Pipile del Salvador sono i discendenti della grande civiltà Nahua; le loro origini risalgono a millenni avanti Cristo. La civiltà Nahua era tanto vasta da includere imperi famosi come quello degli Aztechi e quello dei Toltechi. Un tempo erano dei forti guerrieri, oggi sono una popolazione molto più mansueta e semplice.

Nella vita di tutti i giorni sopravvivono i miti, le tradizioni e le usanze di un passato glorioso e mai dimenticato. Un esempio è che tra gli indios si parla ancora il nahuat. Questa lingua è la più diffusa in Mesoamerica. In nahuat dei Pipile è una variante del nahuatl messicano. La classicità e la bellezza del nahuatl pare consistano in quella liquida finale “tl” che caratterizza molti nomi propri e sostantivi ma che a sud del Messico si è finita per elidere. La parola Nahuatl significa propriamente “quelli che parlano bene”.

I Pipile non vivono tanto diversamente da quanto facessero mille anni fa: sono cambiati gli abiti, poiché un tempo le stoffe venivano tessute, colorate, tagliate e cucine nei villaggi, mentre ora i tessuti vengono comprati a basso costo dalla grande produzione. Per il resto non si notano sostanziali cambiamenti: le abitazioni della gente comune sono ancora capanne fatte di legno e paglia, mentre i ladrillos, i mattoni di terra, sono ancora oggi destinati alle case delle famiglie più benestanti.

La dieta base dei Pipile è costituita dal mais, che in alcune zone si continua a macinare con una pietra. Anche gli ortaggi sono un’importante voce nella modesta economia di questo popolo. Una specialità del luogo sono le tortillas, sottili focacce di pane non lievitato.

La grande maggioranza della popolazione pipile è cattolica, ma si conservano ancora tracce degli antichi riti. Alcuni sostengono addirittura che fino a qualche decennio fa si facessero ancora dei sacrifici umani.

Un’arte che continua a essere molto sviluppata è quella dei cestai: vengono creati cesti, canestri e sporte ma anche cappelli. Alcuni di questi sono impreziositi da elaborati disegni rituali; per la loro importanza dal punto di vista storico e culturale alcuni esemplari sono addirittura esposti nei musei.

La popolazione india vive al fondo della scala sociale, con un redito medio pro capite di 50 dollari l’anno. Coloro che frequentano la città e i mercati sono i più benestanti, mentre la maggioranza della popolazione non abbandona mai durante la propria vita la campagna.

Top five: Lisbona

Top five: cosa visitare a…Lisbona!

Lisbona (in portoghese Lisboa) è la capitale del Portogallo. Nel corso della Storia fu prima municipio romano e poi conquista degli arabi. Nel 1775 un terremoto violento distrusse gran parte della città, che venne poi ricostruita grazie ai progetti del marchese Pombal.

Lisbona è situata alla foce del fiume Tago e poggia su sette colli lungo il fiume Tejo, che la rendono un susseguirsi di salite e di discese.

Da visitare:
1. il CASTELLO DI SÃO JORGE.
In passato fungeva da antica postazione di osservazione. Da qui la vista è fantastica: spazia sul Barrio Alto, sul Tejo e anche sul Ponte 25 de Abril. Sorge nel sito dell’acropoli della città antica; venne costruito dai Visigoti nel V secolo, fu una fortezza dei Mori e venne infine conquistato dai Cristiani.
2. il QUARTIERE DI BELÉM.
Qui si trova il Padrao do Doscobrimento, il famoso monumento a forma di prua di nave che vuole celebrare le grandi scoperte delle esplorazioni marine. La sua grandezza è impressionante, e lascia davvero a bocca aperta! Famosa è anche la Torre di Belem, che sorge su un isolotto in prossimità della riva. Anche questa torre aveva la funzione di punto di avvistamento delle navi provenienti dal mare. Da qui Vasco de Gama partì per i suoi viaggi in mare.
3. il quartiere dell’ALFAMA.
E’ il quartiere antico di Lisbona e ancora oggi rappresenta il centro della città. E’ un quartiere molto pittoresco ma anche abbastanza decadente; è necessario visitarlo per capire come fosse Lisbona anticamente: è infatti l’unico suo quartiere che sia sopravvissuto al terremoto.
4. il MONASTERO DOS JERÓNIMOS.
In stile manuelino, lo stile caratteristico del Rinascimento portoghese. Ospita le memorie di illustri portoghesi come Fernando Pessoa e Vasco da Gama.
5. il CRISTO REI.
Costruito sulla parte opposta dei fiume Tejo rispetto alla città, è la riproduzione del Cristo Redentore che si trova a Rio de Janeiro, ma in dimensioni ridotte. E’ un ringraziamento per il fatto che il Portogallo non sia stato coinvolto durante i massacri della Seconda Guerra Mondiale.

Irlanda: istruzioni per l'uso

Informazioni sull’Irlanda.

L’isola irlandese è lunga 486 e larga 275 km; la sua superficie è pari a due volte quella della Svizzera. E’ divisa in quattro storiche province: Ulster, Munster, Leinster e Connacht, e in trentadue contee, di cui ventisei fanno parte della Repubblica d’Irlanda e sei dell’Irlanda del Nord. Il Paese segue il fuso del meridiano di Greenwich: -1 ora quindi rispetto all’orario vigente in Italia.
Per recarsi in Irlanda i cittadini italiani, in quanto appartenenti all’Unione Europea, dovranno essere in possesso di passaporto valido oppure della propria carta d’identità. I visitatori di altre nazionalità sono invece tenuti a contattare la relativa ambasciata o consolato.

I viaggiatori italiani in Irlanda sono tutelati dai regolamenti europei di sicurezza sociale e pertanto godono di assistenza medica in Irlanda. E’ comunque necessario portare con sé la Tessera Europea di Assicurazione Malattia, entrata in vigore dal Novembre 2004, che permette di usufruire delle prestazioni sanitarie coperte in precedenza dal modello E111.

Gli animali introdotti in Irlanda direttamente dall’Italia devono essere sottoposti a 6 mesi di quarantena. Gli animali introdotti in Irlanda dall’Italia passando per il Regno Unito possono invece accedere senza quarantena, purché venga presentata la documentazione richiesta da UK Pet Travel Scheme.

Lo stereotipo dell’irlandese è il seguente: con capelli rossi e lentiggini, amanti delle tradizioni e legati alla famiglia, allegri e affezionati alla birra, preferibilmente scura. Oltre che al cognome, classicamente preceduto da Mac o Mc (la contrazione della parola gaelica “figlio”) oppure da O’ (contrazione di “of”, ossia “di”).

Il clima in Irlanda è mite e temperato: in estate si ha una media di 15, 20°C; in primavera e in autunno ci si aggira attorno ai 10°C mentre in inverno quasi mai al di sotto dei 5°C. La neve è molto rara, mentre le piogge sono frequenti in qualsiasi periodo dell’anno, come attesta una vecchia filastrocca inglese: “L’Irlanda è il Paese più pulito del mondo, perché il buon Dio lo lava ogni giorno”.

In Irlanda si parla l’irlandese (gaelico) e l’inglese; i nomi delle strade e i segnali stradali sono scritti in entrambe le lingue. Il gaelico viene insegnato in molte scuole ed è parlato da un numero sempre maggiore di persone anche nell’Irlanda del Nord.

La valuta della Repubblica d’Irlanda è l’Euro, mentre in Irlanda del Nord è la Sterlina, come nel resto del Regno Unito. Una Sterlina corrisponde a 100 pence. Le banconote sono da 5, 10, 20, 50 e 100 sterline. Le monete sono da 1, 2, 5, 20 e 50 pence.

La fornitura elettrica standard è di 220 volt circa. L’adattatore è necessario per convertire la spina a 2 spinotti alla spina a 3 spinotti.

Nella Repubblica d’Irlanda è vietato fumare nei luoghi pubblici come pub, bar, ristoranti e hotel. L’età legale per bere alcolici è 18 anni. Dietro discrezione dei gestori le famiglie con bambini sono ammesse nei pub solamente sino alle ore 21.00. I pub sono aperti sette giorni alla settimana, solitamente dalle 10.30 e fino all’incirca a mezzanotte (dipende poi dal giorno della settimana in cui ci si trova). I pub storici chiudono con un suono della campanella o con un “Last orders” urlato dai barman circa un quarto d’ora prima della chiusura effettiva.

Gli orari di apertura delle banche sono generalmente dalle ore 10.00 alle ore 16.30 da lunedì a venerdì. Alcune banche rimangono aperte anche il sabato.
I negozi sono generalmente aperti da lunedì a sabato dalle ore 9.00 alle ore 18.00, con orario prolungato sino alle 20.00 o 21.00 il giovedì.
Per mangiare si ricordi che sia nei ristoranti che nei pub le cucine chiudono piuttosto presto per gli standard italiani, verso le 21/22.

La guida è a sinistra e le strade sono piuttosto strette. Scegliendo un albergo, controllare sempre prima che esibisca il marchio con due trifogli e la scritta “approved”, che attesta la certificazione da parte dell’Ente Nazionale del Turismo.

Per chiamare la Repubblica d’Irlanda dall’Italia bisogna comporre il prefisso internazionale 00353; per chiamare l’Irlanda del Nord il prefisso è invece lo 0044. Dalla Repubblica d’Irlanda verso l’Irlanda del Nord si deve invece comporre lo 048.

Il sistema metrico è adottato sia nella Repubblica d’Irlanda sia in Irlanda del Nord, ma non sempre viene applicato. Ad esempio, la distanza viene misurata sia in miglia che in chilometri, le bevande nei pub in pinte e il petrolio in litri, mentre il cibo viene venduto sia in libbre che in chilogrammi.
1 kg corrisponde a 2.205 libbre. 1 libbra corrisponde a 0.454 kg.
1 km corrisponde a 0.621 miglia. 1 miglio corrisponde a 1.609 km.
1 l corrisponde a 0.22 galloni. 1 gallone corrisponde a 4.546 l.

I simboli dell’Irlanda sono innanzitutto la bandiera, verde, bianca e arancione. Il verde rappresenta la maggioranza cattolica, la striscia arancione la minoranza protestante e il bianco l’unità tra le due religioni. Un altro simbolo è senza dubbio il trifoglio, che risale al tempo di St. Patrick quando, secondo la tradizione, il santo cristiano lo usò per spiegare il significato della trinità; infine abbiamo l’arpa, strumento che appare su uniformi, monete e documenti ufficiali. L’arpa rovesciata è anche il simbolo della più importante azienda produttrice di birra irlandese: la Guinnes.

martedì 24 marzo 2009

Il danese

Il danese appartiene al ramo nordico delle lingue germaniche. Il danese scritto ha una notevole rassomiglianza con lo svedese, il norvegese, l’islandese e la lingua delle isole Fær Øer. Il danese parlato, invece, si è evoluto in un’altra direzione, sviluppando suoni e particolarità di pronuncia unici al mondo.

Nella lingua danese esistono due generi: il comune e il neutro. Gli articoli vengono aggiunti come suffisso al sostantivo: “-en” per i sostantivi comuni singolari e “-et” per i sostantivi neutri sempre singolari.

Come in italiano, anche in danese esiste una forma di cortesia e un modo informale per rivolgersi a terzi: come pronomi personali per la forma di cortesia si usano “De” e “Dem”, mentre per il modo informale sono utilizzati “du” e “dig”.

La lingua danese ha tutte le lettere dell’alfabeto inglese, oltre a æ, å e ø, che si trovano alla fine dell’ordine alfabetico. La pronuncia danese può risultare parecchio ostica: le consonanti possono essere strascicate, pronunciate indistintamente oppure omesse totalmente. Di solito l’accento cade sulla prima sillaba.

L’uso della lettera “å” venne introdotto solamente nel 1948 per rimpiazzare la “aa”. Alcune città e alcuni istituti hanno però scelto di continuare ad utilizzare il simbolo tradizionale. Per questo si possono trovare sia Aalborg che Århus.

Di seguito riporto la pronuncia delle vocali e delle consonanti diverse dall’italiano:
-a = come casa;
-e = come tetto;
-e(g) = come fai;
-i = come marina;
-o = può essere pronunciata come una “o” breve oppure come una “u” lunga;
-o(r) = “o” lunga;
-o(v) = come fauna;
-u = come uva;
-u(n) = uovo;
-y = come la “u” francese;
-æ = si pronuncia sia “a” che “e”;
-ø = come germe;
-å = come uovo;
-c = come sole;
-ch = come ciliegia;
-g = gusto;
-h = si pronuncia aspirata;
-j = come junior;
-r = pronunciata arrotata;
-sj = come scialle;
-w = come viola.

Pillole di danese:
-salve: GODDAG;
-ciao: HEJ;
-sì: JA;
-no: NEJ;
-per favore… : VŒR SÅ VENLIG AT…
-scusa: UNDSKYLD;
-mi chiamo Laura: JEG HEDDER LAURA;
-aiuto!: HJÆPL!

I Cuna

Nell’arcipelago del Mar dei Caribi e in una stretta fascia costiera vivono 25.000 indigeni; oggi sono una popolazione pacifica ma un tempo erano molto bellicosi e forti: riuscirono infatti a scacciare diverse tribù per prenderne le terre. Si tratta dei Cuna di Panama.

In base ad antichi trattati questi indios sono i proprietari del territorio in cui vivono che, se sfruttato turisticamente, avrebbe un grandissimo valore. Ma questa opzione non rientra per niente nelle loro scelte future.

I Cuna vivono nella comarca (la provincia) di San Blas; sono i discendenti degli antichi Cuena. Sono legalmente cittadini dello stato di Panama, ma hanno una tale autonomia da potersi considerare indipendenti. La maggior parte di questo popolo vive nell’Arcipelago delle Perlas, costituito da circa 350 isole, il resto in terraferma.

Le donne nubili portano i capelli lunghi, le sposate sono obbligate a tagliarli corti. Gli abiti femminili vengono confezionati con il tradizionale telo chiamato “mola”. Le molas appena lavate vengono messe ad asciugare davanti alle capanne, creando una serie di colori e di ricami davvero vivace! Le donne che posseggono qualche oggetto prezioso lo indossano in continuazione: non è difficile vederle che lavano i panni con addosso collane e braccialetti preziosi e ingombranti.

I Cuna seguono la tradizione matrilocale: gli sposi, cioè, vanno a vivere a casa della moglie, dove il suocero è il capofamiglia. In alcune zone di terraferma dei Cuna si segue ancora l’antica tradizione del matrimonio combinato dai genitori, senza alcuna partecipazione o volontà degli interessati. In genere l’iniziativa viene presa dal padre della ragazza, che ne decanta pubblicamente la bellezza, la purezza e la capacità di lavoro. Il padre dell’aspirante sposo si fa avanti e descrive le virtù del figlio e chiede un compenso: nella società matrilocale è infatti l’uomo che arricchisce la famiglia della sposa.

Per spostarsi in acqua i Cuna utilizzano il cayuco, una canoa ricavata da un tronco d’albero. L’imbarcadero serve soprattutto per l’approdo dei barconi con cui i mercanti colombiani giungono per comperare le noci di cocco.

L’economia è basata proprio sulla noce di cocco, che viene venduta principalmente ai mercanti colombiani. Molti indios però lavorano anche nelle aziende agricole in terraferma.

Molto rinomata è la loro medicina con le erbe che crescono in terraferma, che secondo le loro tradizioni riescono a curare ogni male.

La religione è un argomento delicato: in passato era di tipo naturale, si basava su un’ingenua cosmogonia pagana, dove il Sole era all’origine di tutte le cose. Dopo il ‘500 la religione dei Cuna venne arricchita con i meravigliosi misteri della predicazione cristiana. Dal panteismo si passò al monoteismo: il Dio creatore delle cose si chiama Pab-Tummadì, che tradotto significa “Dio Grande Capo”.

Grecia: istruzioni per l'uso

Informazioni sulla Grecia.

Dal 1975 la Grecia è una Repubblica parlamentare con capitale Atene. E’ costituita da una grande penisola e da numerosissime isole. Ha più di 15.000 km di coste, ma nonostante questo il 70% del territorio è montuoso.

I greci sono un popolo irascibile e orgoglioso, ma leale, con un profondo senso di ospitalità e fieri del proprio Paese. Le cose importanti della vita sono due: la parea, la compagnia, e il kefi, il buonumore.

Gran parte della cultura italiana deriva da quella ellenica: dall’arte alla letteratura, dalla filosofia all’architettura, dalla politica al concetto di democrazia, che ha avuto origine proprio in Grecia.

In Grecia si mangia in ogni momento, ma l’ora normale per pranzare è dalle due alle tre del pomeriggio, per cenare invece mai prima delle nove e mezzo.

I negozi sono aperti il lunedì, il mercoledì e il sabato dalle 9.00 alle 15.00; il giovedì e il venerdì dalle 9.00 alle 14.00 e dalle 17.00 alle 20.00.
Le banche restano aperte dalle 7.45 alle 14.30.
La posta ha i seguenti orari di apertura: dalle 8.00 alle 15.000 dal lunedì al venerdì.
I chioschi sono il luogo ideale dove trovare qualsiasi cosa di cui si ha bisogno: dai giornali ai dolci, dai cosmetici alle sigarette, dalle schede telefoniche alla frutta. Sono aperti tutti i giorni fino a tardi, anche fino alle 3.00 di notte.

Soprattutto ad Atene il traffico è famoso per essere anarchico e congestionato ad ogni ora. Il mezzo più indicato per muoversi è il taxi, perché i trasporti pubblici non sono sempre affidabili. Il taxista, però, può scegliere di caricare lungo il tragitto anche altre persone, di ascoltare musica greca ad altissimo volume e di fumare, senza chiedere nulla al passeggero.

Il clima in Grecia è di tipo mediterraneo, con estati secche e inverni piovosi; si può trovare però anche un clima semiarido e desertico nella fascia meridionale dell’isola di Creta e un clima freddo umido nelle montagne del Nord. In luglio e agosto le temperature sono molto alte, superano facilmente i 30°C, soprattutto nella Grecia continentale.

Per chiamare in Grecia bisogna comporre il prefisso internazionale 0030.
Se si necessita della guardia medica il numero da comporre è il 105, per l’ambulanza il 150 e per la polizia il 100.

lunedì 23 marzo 2009

Contea di Nordland: Salten

La seconda regione della contea di Nordland è quella del Salten.

Un episodio particolarmente affascinante che si può osservare nella regione del Salten è la Saltsraumen, la corrente di marea più forte del mondo,’ una meraviglia della natura. Nel giro di sei ore quasi 400 milioni di metri cubi d’acqua di mare vengono spinti attraverso un passaggio largo 150 metri, profondo 31 metri e lungo tre chilometri, ad una velocità di 2 nodi.

Il capoluogo di regione del Salten è Bodø, seconda città per grandezza della Norvegia settentrionale. Si trova in una splendida cornice naturale, tra le montagne del Børvasstindere a sud e le montagne di Landgode e Lofotveggen a nord. E’ il numero uno per quanto riguarda il settore aeronautico. Nel cielo della città passano Boeing, Dash, F16 e gli elicotteri di soccorso Sea King. Il museo dell’aviazione è sicuramente interessantissimo per chi ama questo genere.

Dall’altra parte di Bodø c’è la leggendaria penisola di Kjerringøy, una delle perle della Costa del Nordland. Il paesaggio pittoresco che si gode in questo luogo è di tipo alpino, anche se direttamente sulla costa e riparato dall’oceano da una barriera di isole, isolotti e scogli. Qui si trovano indifferentemente montagne di granito e spiagge di sabbia bianchissima. Questa penisola è probabilmente conosciuta ai più grazie all’arte pittorica di Karl Erik Harr. Per apprezzare al meglio una delle coste più belle del mondo da un angolo di prospettiva completamente nuovo si può utilizzare anche il catamarano…Sicuramente non delude!

Sørfold è un comune produttore di energia elettrica, ma offre anche ai visitatori la possibilità di gite di pesca in battelli d’epoca nei meravigliosi bracci dei fiordi. A Steigen invece vengono rappresentate le Saghe della leggenda, è un teatro all’aperto con opere del tempo dei vichinghi. La città è uno dei più ricchi siti archeologici del Salten, ma anche della Norvegia settentrionale. L’antico parco storico rappresenta il contributo del distretto di Steigen al progetto “Footprints in the North”. L’itinerario è ben segnalato e al suo interno si trovano molte vestigia dell’Età del Ferro. I pannelli informativi disposti lungo l’itinerario contribuiscono a rendere l’escursione interessante sul piano storico. La partenza del percorso si trova vicino alla chiesa di Steigen.

La cucina polacca

Oggi si parla di…cucina polacca.

La cucina è stata, insieme alla lingua e alla religione, uno dei leganti per l’identità nazionale di questo Paese durante i 120 anni in cui la Polonia non era più un’entità politica.

La cucina polacca è molto varia e piena di influssi di altre cucine: quella ebraica, quella russa, quella tedesca, quella ucraina e quella ungherese, per citarne alcune.

E’ una cucina molto abbondante e sostanziosa: tanta carne e cacciagione, molte zuppe, una varietà invidiabile di salse, ravioli e le immancabili patate. I polacchi usano anche degli aromi insoliti per noi italiani, quali i semi di cumino, la maggiorana e l’aneto.

Il pane, chiamato chleb, è tradizionalmente fatto con la farina di segale, anche se negli ultimi anni nelle panetterie si trova qualsiasi tipo di pane, da quello integrale a quelli dai sapori più particolari. La segale è l’ingrediente usato anche per lo zurek, una minestra con brodo di manzo o pollo, panna acida, funghi, pancetta e cipolle.

Per quanto riguarda i primi piatti, bisogna menzionale il barszcz, una zuppa di barbabietole che corrisponde all’incirca al borscht russo. Può essere servito con il solo brodo, con dei piccoli ravioli ripieni di carne o con dei fagottini di pasta ripieni di cavolo. I pierogi, invece, sono i tipici ravioli polacchi, quadrati o con la forma a mezzaluna. Vengono preparati con la pasta e vengono farciti con vari ripieni, tra cui le patate e le cipolle, i crauti, la ricotta e anche la frutta.

Il pranzo è il pasto principale della giornata, ed è consumato nelle prime ore del pomeriggio. I piatti principali più comuni sono il golabki, foglie di cavolo ripiene di manzo, cipolla e riso, e poi cotte in forno con salsa di pomodoro, e il bigos, forse il piatto più conosciuto a livello internazionale della cucina polacca. Si tratta di uno stufato di carne, cavoli e crauti, con aggiunta di prugne secche ed altre spezie. Nei ristoranti è difficile che venga servita la ricetta tradizionale, perché molto complessa e molto lunga da preparare. Per mangiare un vero bigos, bisogna provarlo in casa di un polacco.

Il contorno è quasi sempre di zemniaki, ossia di patate: bollite, fritte, in purè oppure arrosto.

Per la necessità di conservare i prodotti raccolti in estate per i lunghi e freddi inverni, la cucina polacca è ricca di conserve sottaceto, confetture e pesce e carni affumicate.

I polacchi sono grandi bevitori di herbata, il nostro tè. Viene bevuto in bicchieri e mai nelle tazze, e soprattutto mai con il latte, ma piuttosto con zucchero e una fettina di limone. La bevanda nazionale è però la wodka, la vodka, che viene consumata in grandi quantità. Si trova in colori e sapori diversi tra loro: si passa da quella extra dolce a quella più secca; se ne trovano con bacche di sorbo, al limone e anche al pepe.

Top five: Reykjavik

Top five: cosa visitare a...Reykjavik!

Reykjavik è la capitale dell’Islanda; il suo nome significa “baia fumosa”, molto probabilmente perché nelle sue vicinanze ci sono diverse sorgenti bollenti. La città si affaccia sull’Oceano Atlantico e nel suo centro si trova un laghetto molto amato dai cittadini: il Tjörnin, ghiacciato fino al mese di aprile.

Per i turisti che si vogliono recare a Reykjavik, è importante sapere che è la città più cara del mondo: i prezzi sono davvero alti, perché quasi tutto quello che c’è è importato dall’estero, e la cosa ha un suo costo. Reykjavik è anche famosa in tutto il mondo per la sua vita notturna: locali, discoteche, spettacoli e intrattenimenti per tutti i gusti!

Il clima è molto freddo, quindi è importante attrezzarsi a dovere: le temperature in estate non salgono quasi mai sopra i quindici gradi, in inverno restano sempre sotto lo 0°C.

Da visitare:
1. il MUSEO NAZIONALE.
Il museo venne creato nel 1863; al suo interno si possono ammirare diversi oggetti legati alla cultura islandese, oltre che gioielli, armi e oggetti di uso quotidiano. Conserva anche oggetti sacri e oggetti risalenti al periodo della colonizzazione;

2. l’ALTHING.
Si tratta del Parlamento, che iniziò a riunirsi all’incirca mille anni fa. Fu il primo Parlamento del mondo;

3. la BASILICA DI HALLGRIMSKIRKJA.
Si trova nella parte nuova della città, e anche questa Basilica è molto recente: venne infatti terminata negli anni ’70 . L’interno è in stile quasi completamente gotico. La chiesa ha anche una torre, su cui è possibile salire per poter ammirare un panorama stupendo dell’intera città; grazie proprio a questa torre è considerata l’edificio più alto di Reykjavik ma anche il suo simbolo;

4. il MUSEO ALL’APERTO Árbæjarsafn.
Si tratta di un museo all’aperto non molto distante dal centro dove si possono osservare all’incirca una trentina di case e di capanne costruite in torba risalenti al XIX secolo; all’interno sono arredate come le originali;

5. le PISCINE GEOTERMICHE.
Reykjavik ha una grande risorsa nel suo territorio: l’acqua proveniente dal sottosuolo è calda. Questo fa sì che nella città siano sorte un altissimo numero di piscine geotermiche dove gli islandesi vanno a rilassarsi e a nuotare. Per i turisti è un’attività da fare assolutamente, anche per entrare meglio nello spirito della città e dei suoi abitanti.

domenica 22 marzo 2009

Il giapponese

Il giapponese è la lingua che viene parlata principalmente in Giappone, oltre che nell’isola di Angaur e in altre aree di immigrazione giapponese. Fa parte delle lingue nipponiche ed è una lingua semi agglutinante.

Nella lingua giapponese esistono tre diverse categorie di parole: quelle originarie propriamente del Giappone, quelle importate dalla Cina e quelle derivanti, soprattutto negli ultimi anni, dalle lingue occidentali, quali l’Inglese.

Il giapponese ha tre alfabeti: l’hirigana, il katakana e il kanji. I primi due sono di tipo fonetico: ciò significa che ad ogni simbolo corrisponde un suono; l’alfabeto kanji, invece, è di tipo simbolico: ad ogni simbolo corrispondono uno o più significati. L’insieme di hirigana e katakana forma i kana, dei segni grafici simili alle nostre sillabe. Il primo serve per scrivere elementi grammaticali mentre il secondo per le parole straniere.

In giapponese esistono 5 vocali e 26 consonanti diverse. Nella traslitterazione della scrittura giapponese sono impiegate 22 lettere dell’alfabeto latino: non esistono la “l”, la “q”, la “v” e la “x”.
Non esistono nella lingua giapponese né gli articoli (tavolo, un tavolo e il tavolo verrà scritto nello stesso modo), né la forma plurale e nemmeno le forme possessive.

In Giappone si può scrivere come nel mondo occidentale, ossia in orizzontale da sinistra a destra, dall’alto verso il basso, ma anche in verticale, sempre dall’alto verso il basso ma da destra a sinistra. Non esistono spazi tra le parole.

La lingua giapponese è molto ricca di omofoni e di voci onomatopeiche; ha una coniugazione positiva e una negativa di tutte le forme verbali e aggettivali e il soggetto, a differenza di lingue come l’inglese, è quasi sempre sottinteso. In Giappone bisogna infine fare molta attenzione nella scelta del parlato formale o informale: il giapponese informale si usa solo in situazioni di estrema familiarità.

Gli Zulu

Gli Zulu sono un popolo africano che vive principalmente nel Sudafrica, dove compongono il gruppo etnico più numeroso. Il loro nome significa “gente del cielo”.

Sono un popolo molto semplice e incline al sorriso, ma anche orgogliosi e a volte testardi. Gli Zulu che vivono ancora nei villaggi sopravvivono grazie all’agricoltura oppure vendendo articoli manifatturieri ai turisti.

L’abbigliamento degli uomini si compone di cuoio, mentre quello delle donne è fatto di perline. Solitamente non vengono utilizzate scarpe.

La lingua degli Zulu è l’isiZulu, una lingua bantu, agglutinante. Questo popolo parla generalmente anche un po’ di inglese e di Afrikaans. Dopo la fine dell’apartheid l’isiZulu è stata inserita tra le undici lingue ufficiali dello stato del Sudafrica.

Le donne zulu hanno una condizione di vita sicuramente migliore nelle aree urbane piuttosto che nella aree rurali. In queste ultime devono raccogliere la legna per il fuoco, fare il bucato, cucinare, trovare l’acqua, prendersi cura degli anziani della comunità e soprattutto fare un numero elevato di figli.

A capo della società si trova il leader, che ha un duplice ruolo: quello di capo all’interno della comunità e quello di voce per il suo popolo a livello internazionale.

La religione in cui credono gli Zulu vede un dio creatore al di sopra di tutto e di tutti. E’ possibile invocarlo attraverso l’aiuto degli antenati, che vengono in qualche modo divinizzati. Il concetto di morte si ritiene possa derivare da qualche atto cattivo compiuto dalla persona, il concetto di disgrazia non è contemplato.

Una delle forme d’arte in cui il popolo zulu ha raggiunto il massimo apice è la musica, altamente espressiva. La musica è solitamente accompagnata dalle danze tradizionali.

La cerimonia più importante del popolo zulu è la Giornata del Patrimonio, durante la quale si celebra Shaka, il creatore della nazione zulu nonché uno dei suoi più potenti e ricordati re.

Il popolo zulu visse un momento particolarmente infelice della sua storia durante il regime dell’apartheid, quando venne considerato inferiore agli altri cittadini sudafricani. Venne addirittura creato uno Stato apposta per loro, il KwaZulu, affinché venissero separati dai sudafricani. Oggi, fortunatamente, agli Zulu sono riconosciuti gli stessi diritti e i medesimi doveri dei loro connazionali.

Contea di Nordland: Helgeland

Un viaggio fuori dalle mete turistiche tradizionali è quello che si può fare visitando il Nordland norvegese. Inizia qui una breve guida alle cinque regioni principali di questa contea situata nel nord del Paese: Helgeland, Salten, Lofoten, Vesterålen e Ofoten.

Iniziamo con Helgeland, una regione che si spinge dai 2000 metri delle montagne dell’entroterra a un arcipelago davvero unico nel suo genere che è già diventato Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Qui passa il Circolo Polare a 66 gradi nord, la latitudine che informa che da questo punto in avanti si entra nel regno del sole di mezzanotte.

Cosa c’è da vedere?
- Il fiume VEFSNA, con la CASCATA LAKSFORSEN, un vero monumento di 17 metri di caduta;
- TORGHATTEN, dove da secoli si recano re, imperatori e turisti per ammirare la famosa montagna con un enorme buco che la attraversa da parte a parte. Il foro misura 75 metri di altezza, 27 metri di larghezza e ha una profondità di 160 metri; per raggiungerlo bisogna affrontare una salita di circa 30 minuti;
- l’isola di LOVUND, in mezzo all’oceano, dove si può essere testimoni di uno dei grandi miracoli della natura: ogni primavera – e quasi sempre alla stessa data, il 14 aprile, - arrivano 200.000 pulcinella di mare per nidificare;
- il ghiacciaio SVARTISEN, per grandezza il secondo dei ghiacciai norvegesi con i suoi 370 km2, è anche quello che si trova alla quota più bassa: 20 metri al di sopra del livello del mare, quindi facilmente accessibile;
- l’isola di VEGA, la culla dell’edredone – con un ambiente naturale tanto interessante da averla fatta diventare Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. L’edredone è un’anatra la cui femmina ha il piumaggio bruno, mentre il maschio è bianco e nero. Questi esemplari vivono principalmente nell’Europa settentrionale. A Nes, a nord di Vega, si trova l’E-huset, il museo dedicato a questo pennuto, dove viene documentata la tradizione di considerare l’edredone come un animale domestico. Gli abitanti dell’arcipelago hanno sempre avuto cura di quest’anatra, che procura loro la piuma per i migliori piumini da letto del mondo, il piumone di piuma di edredone, e uova che contribuiscono in buona misura alla loro alimentazione. Qui è inoltre possibile seguire il lavoro di pulitura della piuma e del suo impiego nella produzione di piumini e piumoni.
- il GIARDINO DI ERBE AROMATICHE di Hildur, l’unico giardino della Norvegia del Nord dove si producono erbe aromatiche ad uso alimentare, cibi e vino. Ci sono più di 200 piante e nel negozio della fattoria se ne possono comprare alcune specie, oltre che altri prodotti locali. Il giardino, il negozio della fattoria e la galleria estiva sono visitabili nel periodo tra la metà di giugno e la metà di agosto;
- il CENTRO CULTURALE SAME, a Sikti Jarnge. La regione di Helgeland è una delle antiche zone di insediamento dei sami (i lapponi), e questo riguarda in particolare le vallate all’interno della regione. Reperti archeologici, nomi di località e una ricca tradizione orale stanno a testimoniare la presenza millenaria della popolazione same in questa regione. Al Centro Culturale Same si può scoprire la cultura dei sami meridionali e il loro modo di vivere. L’edificio ha la forma di una capanna same, con il focolare nel mezzo dello spazio centrale. Al Centro si fanno esposizioni e si vendono lavori artigianali e libri.

sabato 21 marzo 2009

La Transiberiana

Uno dei modi più affascinanti per scoprire la Russia e l’Est in generale è la Transiberiana.

Molti credono, erroneamente, che la Transiberiana sia un treno. In realtà si tratta, con i suoi 9.288 chilometri di lunghezza, della linea ferroviaria più lunga del mondo, che collega Mosca a Vladivostok. I primi tratti della linea vennero costruiti nel 1891, ma la sua conclusione arrivò solamente nel 1916.

Nel suo percorso prevede centinaia di fermata, il tempo medio di viaggio è una settimana; in tutto vengono attraversati ben sette fusi orari.

Dopo che la Transiberiana arriva al lago Baikal, il più profondo della Terra, ci sono due diramazioni che consentono di arrivare fino alla capitale cinese, Pechino: la Transmongolica e la Transmanciuriana.

Ci sono diverse tipologie di treno, i migliori sono sicuramente quelli chiamati firmennye poezdy. Ogni treno comprende tre classi:
° la classe lux, dove si trovano scompartimenti a due letti con o senza lavandino;
° la classe coupé, quella generalmente più richiesta, formata da 9 scompartimenti per vagone con 4 posti letto ognuno;
° la classe platz, la più economica ma anche la più spartana. Le cuccette sono sparse nel vagone e non ci sono scompartimenti chiusi.

I responsabili dei vagoni si chiamano provodnik se sono maschi e provodnitsa se sono donne. Sono entrambi in divisa, quindi facilmente riconoscibili. I loro compiti spaziano dalla sicurezza dei passeggeri, alla pulizia dei bagni e all’aiuto ai turisti in caso di emergenza.

I treni sono climatizzati per poter offrire d’estate una temperatura fresca, mentre d’inverno mantengono un tepore costante che combatte il gelo esterno, che può arrivare in alcune zone a toccare anche i -40°C.

Con 40 rubli a persona (all’incirca un euro) il responsabile della carrozza fornisce lenzuola, cuscini e federe pulite che dovranno essere riconsegnati alla fine del viaggio. Con 10 rubli, invece, che corrispondono all’incirca a 30 centesimi di euro, si può prendere dell’acqua bollente dai bollitori per bere una tazza di tè o di caffè.
Su tutti i treni è prevista la carrozza ristorante, dove si può mangiare per un prezzo attorno ai 10 euro.

Le soste hanno una durata che varia dai 5 ai 40 minuti. Si può scendere dal treno solamente previa comunicazione al responsabile della carrozza.

Top ten: Parigi

Top ten (part 1): cosa vedere a… Parigi!!

Parigi è una delle città che preferisco al mondo. Per questo motivo non riesco a decidere una top five: sono troppe le cose da vedere! Quindi sarà una top ten divisa in due parti!

Parigi (in francese Paris) è la capitale della Francia. Posta su un’ansa della Senna, è una delle città più importanti ed influenti del mondo; è un grande centro economico, politico e culturale.

Da visitare:
1. l’ARC DE TRIOMPHE DE L’ÉTOILE.
In italiano è conosciuto come l’Arco di Trionfo; è un arco che venne fatto costruire da Napoleone Bonaparte in stile neoclassico per esaltare la gloria delle armate francesi della Rivoluzione, in particolar modo dopo la vittoria riportata ad Austerlitz. Napoleone non riuscì però a vederlo ultimato, cosa che avvenne nel 1836. Le sue dimensioni sono imponenti: 50 metri di altezza e 45 metri di larghezza. L’Arco di Trionfo è posto all’inizio degli Champs-Élysées, al centro della Place de l’Étoile. Alla base delle quattro colonne si trova una scultura allegorica. Nel 1920 sotto l’arco venne collocata la tomba del Milite Ignoto, per ricordare tutti i caduti francesi durate la guerra del 1915-1918. All’interno invece sono contenuti i nomi di centinaia di generali francesi che si sono distinti per la difesa della Patria. Sotto l’arco si trova un museo sotterraneo contenente alcuni oggetti di proprietà di Napoleone Bonaparte, oltre che dei cimeli della Prima Guerra Mondiale. L’Arco di Trionfo è stato il luogo simbolo di tutti gli avvenimenti più importanti della storia francese: dai funerali di Napoleone a quelli di Victor Hugo, dai festeggiamenti della Prima Guerra Mondiale alla liberazione francese della Seconda Guerra Mondiale;
2. gli CHAMPS ÉLYSÉES.
Gli Champs Élysées sono la via più conosciuta di tutta Parigi, lunghi quasi due chilometri e larghi 88 metri. Sono divisi in due parti dal Rond Point, il maggiore incrocio che li attraversa. Gli Champs Élysées collegano l’Arco di Trionfo alla Place de la Concorde. Nella parte superiore si trovano negozi, caffè, ristoranti e teatri. Nella parte inferiore invece si trovano i celebri giardini, famosi in tutto il mondo. Un tempo questa suntuosa via simboleggiava la strada prediletta dai membri dell’aristocrazia, mentre oggi esalta l’immancabile joie de vivre di Parigi e dei suoi abitanti;
3. la TOUR EIFFEL.
La Tour Eiffel è il simbolo per eccellenza di Parigi. Il nome deriva dal progettista dell’opera, l’ingegnere Gustave Eiffel. Nonostante sia una struttura straordinariamente imponente (misura infatti 320 metri d’altezza), venne costruita in soli due anni, dal 1887 al 1889, per commemorare i cento anni trascorsi dalla Rivoluzione Francese, in occasione dell’Esposizione Universale.
La torre è costruita interamente in ferro; questo materiale però richiede una manutenzione costante, quindi sulla Tour Eiffel si può vedere perpetuamente qualcuno che la vernici o che controlli che sia tutto a posto.
Viene illuminata tutte le sere, e lo spettacolo che offre lascia i turisti a bocca aperta.
Si può salire fino alla sua sommità in due modi: per le scale, ma questo modo è consigliato solo a chi è veramente allenato e non soffre di problemi cardiaci, poiché gli scalini sono ben 1665; oppure si possono usare i due ascensori trasparenti, molto più comodi. Dalla sommità, nei giorni di bel tempo, si può vedere l’orizzonte fino a 70 chilometri di distanza. Attenzione però alle oscillazioni: quando c’è vento possono arrivare fino a 12 centimetri!
4. il MOULIN ROUGE.
Il Moulin Rouge è uno dei locali più famosi di Parigi. Venne inaugurato nel 1889 e la sua fama da allora non ha fatto altro che crescere; la ricetta è sempre la stessa: ballerine poco vestite e coreografie sfarzose.
E’ situato nel quartiere di Pigalle, famoso per essere il quartiere a luci rosse di Parigi, non distante da Montmatre. La sua figura richiama quella di un mulino rosso (questa infatti è la traduzione in italiano del termine “moulin rouge”).
Si può decidere di cenare e di assistere allo spettacolo, e il tutto viene a costare sui 150 euro a testa, mentre si può pagare un po’ meno se si sceglie di assistere solo allo show.
Il Moulin Rouge venne reso famoso dal pittore Toulouse Lautrec che lo dipinse nella sua Goulue;
5. l’HOTEL DES INVALIDES.
Si tratta di un imponente edificio che occupa un vasto quadrilatero fatto costruire dal re Luigi XIV nel 1600. Lo scopo di questo Hôtel era quello di ricoverare i feriti e i veterani dell’esercito. Qui riposano le spoglie di Napoleone Bonaparte, sotto la cupola dorata del Dôme.
Da visitare anche il Musée de l’Armée, dove viene raccontata la storia della bandiera e degli eserciti francesi e la chiesa di Saint Louis des Invalides, conosciuta anche come la chiesa dei soldati; è un edificio austero e imponente dove sono custodite le cripte degli ufficiali deceduti all’interno dell’Ospedale militare.