lunedì 6 aprile 2009

Uzbekistan: istruzioni per l'uso


Informazioni sull’Uzbekistan.

L’Uzbekistan è il Paese più ricco di storia fra tutte le repubbliche dell’Asia Centrale. Annovera alcune delle città più antiche del mondo e molti dei principali centri sulla Via della Seta. E’ un chiaro esempio di sintesi tra Oriente ed Occidente.

Per entrare in Uzbekistan è necessario essere in possesso dei visti rilasciati dalle Rappresentanze Diplomatiche e dagli Uffici Consolari dell’Uzbekistan all’estero o presso gli Uffici del Ministero degli Affari Esteri collocati nell’aeroporto di Tashkent, la capitale. Il passaporto deve avere almeno due pagine libere ed essere valido almeno altre sei mesi dopo la scadenza del visto. Bisogna portare con sé anche una foto formato tessera.

Non è necessaria alcuna vaccinazione per entrare in Uzbekistan, ma si raccomanda sempre di evitare di bere l’acqua del rubinetto e preferire sempre l’acquisto di quella imbottigliata. L’acqua infatti è ricca di minerali e di sali metallici, quindi attrezzarsi per i disturbi gastro-intestinali comuni. Un altro problema frequente in cui ci si può imbattere durante un viaggio in Uzbekistan è quello delle ustioni solari, per cui è sempre necessario portare con sé protezioni solari adeguate e un cappello.

La geografia dell’Uzbekistan vede uno Stato in buona parte pianeggiante, grande 1.5 volte l’Italia. La sua superficie è occupata per due terzi da steppa e deserto, mentre ad est ci sono le montagne che segnano la linea di confine con gli altri Paesi.

Il fuso orario fa segnare +4 ore rispetto all’Italia nei mesi in cui vige l’ora solare, mentre +3 ore nei restanti. In Uzbekistan, infatti, non è mai entrato in vigore l’orario legale.

La lingua ufficiale è l’uzbeko, di origine turca. Oggi si scrive in alfabeto cirillico, anche se negli ultimi anni si è verificato un uso sempre crescente dell’alfabeto latino, sia per quanto riguarda le insegne che le indicazioni stradali. La maggior parte della popolazione conosce il russo, mentre la lingua inglese è poco conosciuta.

L’Uzbekistan è un Paese musulmano moderato, anche per via della profonda influenza subita durante la dominazione sovietica che ha fatto sì che lo stile di vita si modificasse in direzione di un atteggiamento meno intenso dal punto di vista spirituale. Ma la religione musulmana permea comunque la storia e la tradizione dell’Uzbekistan, come testimoniano le numerose moschee, scuole coraniche antiche e minareti che si trovano ovunque.

La moneta uzbeka è il Sum. E’ preferibile per i turisti circolare con denaro contante, poiché i travel cheques sono difficilmente cambiabili e le carte di credito sono poco accettate. L’Euro è accettato per il cambio, anche se il dollaro è preferito. Il problema che si ha con questa moneta è che il taglio di banconota più grande, 100 sum, è inferiore ad un euro. Quindi ci si ritrova con centinaia di banconote per poche decine di euro.

Per telefonare dall’Italia in Uzbekistan bisogna comporre il prefisso internazionale +998, seguito dal prefisso della città prescelta: 71 per Tashkent, 62 per Khiva, 662 per Samarcanda e 365 per Bukhara.

Le temperature sono soggette a notevoli escursioni termiche tra il giorno e la notte, anche di 20°C. Le precipitazioni sono minime, tranne che ad altitudini elevate. L’estate si presenta torrida con temperature che raggiungono anche i 40°C, mentre in inverno le temperature possono scendere sotto lo 0°C e sono possibili fenomeni di carattere nevoso.

Lingua lituana

Il lituano è, insieme al lettone, uno dei due idiomi del gruppo baltico ad essere sopravvissuto delle lingue indoeuropee.

Nelle sue forme grammaticali è ritenuto essere dagli studiosi antico quanto il sanscrito, quindi riveste un ruolo molto importante nella linguistica. Molte delle sue forme sono rimaste inalterate per più tempo rispetto a quelle di altre lingue indoeuropee, e per questo sono oggetto di studio attento.

Il lituano mantiene la forma maschile e quella femminile anche nei verbi. L’accento e le variazioni di tono sono molto sottili, ma si viene comunque capiti anche se non si riesce a rispettarle tutte.

Nella lingua lituana non esistono le lettere “w”, “q” e “x”, ma in compenso esistono “č”, “ŏ”, “š” e “ž” per quanto riguarda le consonanti, mentre troviamo le lettere “ą”, “ę”, “į”, “ū” e “ų”.La lettera “i” è parzialmente interscambiabile con la lettera “y”.

Di seguito riporto la pronuncia delle lettere che non esistono in italiano o che nella nostra lingua sono pronunciate diversamente dal lituano:
-ą: è una “a” più lunga;
-e: pronunciata con un suono a metà tra la “a” e la “e”;
-ę: è una “e” più lunga;
-e: è una “e” aperta, come in certo;
-y/į: è una “i” più lunga;
-ū/ų: è una “u” più lunga;
-c: come in pizza;
-ŏ: come in circo;
-h: si pronuncia aspirata;
-dž: come in gente;
-dz: come nell’inglese beds;
-g: come in gatto;
-j: come in ieri;
-š: come in scivolo;
-ž: come nel francese jambon.

Pillole di lituano:
-ciao: SVEIKI;
-salve: LABAS;
-arrivederci: SUDIE;
-sì: TAIP;
-no: NE;
-grazie: DEKOJU;
-prego: PRAŠAU;
-mi chiamo Laura: MANO VARDAS YRA LAURA;
-aiuto!: GELBEKITE!

Castelli della Loira: Blois


Le Château de Blois

Il castello di Blois è il palazzo di Luigi XII. Il suo momento doro ci fu nell’anno 1462, quando vi nacque il futuro re di Francia, Luigi XII per l’appunto. Succeduto a Carlo VIII nel 1498, il nuovo re diede inizio a un grandioso progetto di trasformazione dell’edificio, di origine duecentesca, in residenza reale. Fu costruita una nuova ala ma soprattutto fu rivoluzionato l’impianto stesso della città, con l’allestimento di vasti giardini.
La scala interna principale del castello è elicoidale; l’innovazione di questo elemento architettonico consiste nelle aperture verso la corte interna, che nelle torri medievali e gotiche era assente per motivi difensivi. La facciata delle logge è molto scenografica, così come la scala esterna che domina la corte o i camini presenti in ognuna delle sale dell’ala di Francesco I.

Gli arredi e i decori rivelano un’influenza italiana, derivata da Firenze, da dove proveniva uno dei personaggi chiave della storia del castello di Blois: Caterina de’ Medici. La donna entrò di prepotenza nella dinastia reale di Francia grazie al matrimonio con Enrico II, e da quel momento seppe sempre imporre la sua presenza a corte, creando attorno a sé un circolo culturale. Non meraviglia quindi che uno dei locali più interessanti di tutto il castello di Blois sia proprio il gabinetto di lavoro di Caterina de’ Medici, al primo piano.

Il castello è disseminato di ripostigli segreti, che secondo le credenze popolari servivano agli scopi più fantasiosi; in realtà avrebbero dovuto servire come luoghi dove riporre gioielli e documenti di Stato.
Al secondo piano si trova una serie di tele d’autore che fa rivivere le tragiche sequenze dell’assassinio del duca Enrico di Guisa, vittima di una congiura perpetrata contro di lui da Enrico III, figlio di Caterina de’ Medici.

E’ un complesso architettonico dove si mescolano stili completamente diversi: il castello si compone infatti di tre ali, ognuna delle quali si differenzia dalle altre. La prima è l’ala Luigi XII, costruita in mattoni rossi e pietra; la seconda è l’ala Francesco I, dal gusto completamente italiano e l’ultima è l’ala Gastone d’Orléans, dove lo stile predominante è quello neoclassico.

I tre ponti che giungono al castello di Blois hanno nomi particolari: il primo il Pont Jacques Gabriel, il nome dell’architetto che l’ha costruito. Gli altri due hanno i nomi di due Presidenti della Repubblica francese: il Pont Charles de Gaulle e il Pont François Mitterrand.

Top five: Varsavia


Top five: cosa visitare a…Varsavia!

Varsavia è la capitale della Polonia; la sua storia è parecchio travagliata, segnata da diversi momenti di difficoltà seguiti a delle grandi rinascite. Il primo nucleo urbano risale al XIV secolo, quando i duchi di Moravia fecero costruire una fortezza nel punto in cui oggi sorge il castello reale. Il periodo più buio della città iniziò il primo settembre del 1939, quando le bombe naziste iniziarono a bersagliare la città; un settimana dopo Varsavia era posta sotto assedio, e un mese dopo cadde definitivamente. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale sia il centro della città che la sua area metropolitana erano solo un ammasso di macerie. Oggi invece si presenta come una città fiorente, moderna e dinamica.

Varsavia è suddivisa in due metà disuguali dal Wisla, il fiume Vistola. La maggior parte delle attrazioni si trova ad ovest del fiume.

Da visitare:
1. il CASTELLO REALE.
Prima di accedere al Castello bisogna visitare la sua piazza, dalla particolare forma triangolare, dove si trova la Colonna di Sigismondo III Vasa, un maestoso monumento alto 22 metri, eretto in onore del re che trasferì la capitale da Cracovia a Varsavia. E’ il secondo monumento secolare più antico della città. La statua venne abbattuta durante la Seconda Guerra Mondiale, ma venne recuperata e collocata alla sommità di una nuova colonna, dove oggi è possibile ammirarla.
Il Castello venne fatto saltare in aria anch’esso dai nazisti; in origine era una fortezza in legno proprietà dei duchi di Masovia. Il suo massimo splendore lo raggiunse nel XVII secolo, quando era una delle più splendide residenze reali europee. Due piani del Castello sono aperti al pubblico. Vale la pena vedere la Sala delle grandi assemblee, dove si trova sul soffitto un pregiato dipinto, “La liberazione del caos”, la Stanza di Marmo in stile cinquecentesco con marmi colorati e trompe l’œil, più 22 ritratti di re polacchi e la Stanza Canaletto, nell’appartamento del Re, con 23 dipinti del Canaletto che riproducono l’architettura di Varsavia in modo dettagliato;


2. la CITTà VECCHIA.
Parzialmente cinta di mura, il suo fulcro si trova nella Piazza della Città Vecchia, bordeggiata da palazzi rinascimentali e barocchi con elementi gotici e neoclassici. Nel centro della piazza si trova la statua della Sirena, il simbolo di Varsavia. Da vedere anche il Museo Storico di Varsavia, il Museo della Letteratura e la Cattedrale di San Giovanni, la più antica della chiese della città. Venne costruita all’inizio del XV secolo, rasa al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale e infine ricostruita nel periodo postbellico in stile gotico;


3. la CITTADELLA.
A nord della Città Nuova si trova questa massiccia fortezza del XIX secolo che si affaccia sulla Vistola. Venne fatta costruire dallo zar dopo l’insurrezione del novembre 1830 per intimidire la popolazione; per anni fu una prigione politica. Oggi viene utilizzata dall’esercito. Di interesse l’imponente porta che si affaccia sul fiume: è Brama Stracen, la Porta dell’Esecuzione, dove i prigionieri politici venivano messi a morte;


4. ULICA NOWY SWIAT.
E’ la Via del Nuovo Mondo, la più trafficata strada di Varsavia. E’ la via dello shopping con negozi, caffè e ristoranti. Gli edifici sono quasi tutti del secondo dopoguerra, anche se lo stile è comunque neoclassico dell’ ‘800. In questa via si trova il Museo Chopin con esposizioni permanenti relative alla vita dell’artista, il suo ultimo pianoforte e la sua maschera mortuaria;


5. ANTICO GHETTO EBRAICO.
Prima della Seconda Guerra Mondiale gran parte della comunità ebraica di Varsavia viveva nei quartieri Mirowe e Muranow. I nazisti crearono in questa zona il Ghetto di Varsavia nel 1940, che poi fu raso al suolo dopo la rivolta interna del 1943. I punti più interessanti si trovano nella parte settentrionale: il Museo della Prigione di Pawiak, la più famigerata della Polonia, originariamente creata per la detenzione degli oppositori politici dello zar. Poi divenne tristemente nota per essere la prigione della Gestapo. Nel 1944 venne fatta saltare in aria ma oggi è ancora possibile visitare tre celle di detenzione. Da vedere anche il Monumento agli Eroi del Ghetto, dedicato alle migliaia di ebrei che persero la vita nella rivolta del 1943. Infine il Cimitero Ebrico del 1806, il più grande d’Europa, un luogo davvero desolato. Da cercare la tomba di Ber Sonnenberg, uno dei monumenti funerari più belli del mondo.

Indiani d'America: Cherokee


I Cherokee sono un’altra tribù dei Nativi americani, una di quelle che fa parte delle “Cinque Tribù civilizzate”. Questo appellativo venne dato loro, così come ai Chickasaw, ai Choctaw, ai Creek e ai Seminole, perché dopo l’arrivo dei “bianchi” adottarono molti dei loro usi e costumi; inoltre non furono delle nazioni bellicose, ma convissero con i conquistatori pacificamente. Adottarono anche i nomi e le organizzazioni anglosassoni.

Durante la Storia furono alleati degli inglesi, inizialmente contro i francesi che volevano il controllo dell’America del Nord, e successivamente contro i coloni nella Guerra d’Indipendenza americana.

Inizialmente questo popolo viveva nelle terre a sud e a est degli Stati Uniti d’America, ma gradatamente furono costretti a ritirarsi in una pianura di quello che oggi sono gli stati del North Carolina e dell’Oklahoma, nonostante fossero ben integrati.

Il nome cherokee potrebbe derivare dalla parola “Tsalagi”, poiché questo popolo non utilizza il suono “r”, e dunque la pronuncia di “tsalagi” è molto simile a quella che per noi è “cherokee”, e significa “coloro che vivono sulle montagne”. La loro lingua, polisintetica, fa parte della famiglia irochese di area culturale sudorientale.

L’economia dei Cherokee era basata sull’agricoltura intensiva: si coltivavano principalmente mais e fagioli; praticavano anche la caccia, specialmente a orsi e a cervi.

A partire dal XIX secolo, iniziarono ad aprire scuole pubbliche, adottarono un alfabeto e fondarono un giornale.

Oggi i Cherokee vivono soprattutto nelle riserve loro destinate, ma alcuni di loro sono diventati famosi a livello internazionale, come ad esempio Redbird Smith. Restano uno dei maggiori gruppi indigeni del Paese. I più conservativi, per quanto riguarda le tradizioni, gli usi e i costumi, sono sicuramente i Cherokee del North Carolina.

Le fortezze vichinghe


In Danimarca sono state scoperte quattro fortezze circolari che testimoniano la ricca storia dei Vichinghi.

Le quattro fortezze sono: Trelleborg, situata sull’isola di Sjœlland, Fyrkat vicino a Hobro nello Jutland, Nonnebakken nell’isola di Funen e Aggersborg, ancora nello Jutland.

Queste fortezze vennero edificate in forma circolare con spesse mura in terra e porte in corrispondenza dei quattro punti cardinali. L’unità di misura che venne utilizzata era il piede romano, corrispondente all’incirca a 30 centimetri. Le fortezze erano molto precise e simmetriche da un punto di vista matematico.

In corrispondenza dei quattro punti cardinali sorgevano quattro porte. All’interno delle mura si trovavano delle assi di legno il cui scopo era quello di alloggiare i soldati. Era significativo il fatto che non esistessero delle dimore adibite alla sola nobiltà.

Lo scopo di queste fortezze vichinghe non è ancora stato chiarito con esattezza; si pensa che vennero costruite intorno al 980 d.C.. Probabilmente erano utilizzate come campi di addestramento per preparare l’invasione dell’Inghilterra da parte di re Sven, oppure, secondo l’opinione di altri esperti, erano utilizzate dalla monarchia per consolidare il potere all’interno dei propri territori.

sabato 4 aprile 2009

Castelli della Loira: Amboise


Le Château d’Amboise.

Il castello di Amboise fu fatto costruire da Carlo VIII su un edificio di epoca medievale. Il castello domina dall’alto di un risalto roccioso la piccola omonima cittadina.

Verso gli inizi del 1500 il castello non era ancora ultimato, ma prometteva di diventare uno dei più “italiani” della Loira, grazie al re Carlo VIII che amava l’Italia a tal punto da passarne gran parte dell’anno. Dal nostro Paese importò diversi mobili, stoffe e opere d’arte. Purtroppo il re scomparse a 28 anni, e non riuscì a vedere la sua opera compiuta.

I suoi successori furono Luigi XII e Francesco I. Proprio durante il regno di quest’ultimo arrivò ad Amboise uno dei più grandi uomini italiani mai esistiti, eletto anche “Uomo del millennio” a inizio secolo: si tratta di Leonardo da Vinci. Il toscano arrivò in questa città nel 1516, quando aveva 64 anni, portando con sé il suo più grande capolavoro: la “Gioconda”, per attuare il progetto del re che voleva impostare il resto del palazzo secondo il nuovo stile rinascimentale italiano.

A Leonardo, oltre che una rendita, venne data anche una dimora personale: il castello di Le Clos-Lucé, non tanto distante dal castello di Amboise e visitabile. Rimase a Le Clos-Lucé solamente tre anni, poiché morì nel 1519.

L’impianto originale del castello è oggi ridotto nelle sue dimensioni e in parte svuotato dagli arredi originali. Al suo interno si mescolano diversi stili: ad esempio il gotico della Sala del Consiglio e il Primo Impero degli Appartamenti di Luigi Filippo. Durante il periodo di massimo splendore il castello di Amboise aveva anche un giardino delle meraviglie, ma purtroppo di quella magnificenza oggi non resta molto.

Tra le diverse torri che ornano il castello, quella che predomina è la Torre dei Minimi, alta 40 metri. Si può camminare lungo la cinta muraria, da cui si gode di una vista particolarmente suggestiva.

Diverse sono le sale visitabili: tra queste merita una particolare attenzione la Sala del Consiglio (chiamata anche Sala degli Stati), con volte in pietra a crociera.

A pochi metri dal castello c’è la cappella di St. Hubert. Qui sono sepolte le ceneri di Leonardo da Vinci, dopo che la collegiata di San Fiorentino venne rasa al suolo nel 1807 (secondo le volontà del Maestro erano prima state conservate in questo luogo). La cappella è bellissima nelle sue linee gotiche; venne costruita da artigiani fiamminghi.

Sull’isolotto di fronte al castello si trova una statua bronzea di Leonardo da Vinci.

Top five: San Pietroburgo


Top five: cosa visitare a…San Pietroburgo!

Санкт Петеребург venne fondata per motivi commerciali e militari nel 1702. La fondazione fu voluta da Pietro I il Grande, che voleva creare un avamposto verso l’Europa, contrastando così la potenza navale della Svezia. Sempre grazie a Pietro I San Pietroburgo fu anche capitale della Russia.

Nonostante le difficili condizioni ambientali, la sua posizione strategica e le buone comunicazioni fluviali l’hanno resa una città storicamente molto importante: fu infatti il teatro principale della Rivoluzione di Pietrogrado. Una particolarità legata a questa città riguarda i nomi che ha assunto nel corso degli anni: nata come San Pietroburgo, fu poi chiamata solo Pietroburgo, poi Pietrogrado, dopo la morte di Lenin Leningrado. Oggi è chiamata San Pietroburgo solamente nei documenti ufficiali, oppure per scherno, per i più è semplicemente Pietroburgo.

Da visitare:
1. la FORTEZZA DEI SANTISSIMI PIETRO E PAOLO.
Петропавловская крепость. Fu la prima costruzione fatta realizzare da Pietro il Grande; è situata nella cosiddetta isola delle Lepri. Fu fortemente voluta come difesa dello sbocco sul Baltico, che all’epoca era dominata dalla flotta svedese. Il complesso segue il contorno quasi esagonale dell’isola attraverso un sistema di fortificazioni, con sei bastioni e sei muraglie. Quando perse ogni importanza militare, fu trasformata in carcere; all’interno delle sue prigioni vennero rinchiusi diversi detenuti politici, tra cui Dostoevskij e Gor’kij. Nell’ottobre 1917 tutta la guarnigione che vi era alloggiata si ribellò e inizio così la famosa rivoluzione.
Per arrivare alla fortezza si devono superare il ponte e la porta di San Giovanni. L’ingresso principale della fortezza è la porta di San Pietro in forma di arco trionfale. Subito dopo si trova l’enorme statua raffigurante Pietro I. Da vedere anche la cattedrale dei Ss. Pietro e Paolo, opera di Domenica Trezzini, un ticinese; si tratta della prima architettura barocca a San Pietroburgo. Purtroppo nel 1756 un fulmine provocò un incendio che distrusse praticamente quasi tutta la chiesa. Interessante il carillon posto nell’alta torre, che suona ogni giorno alle 12 e alle 18 il vecchio inno zarista. La chiesa ha una pianta basilicale con tre navate. All’interno si trovano le trentatré tombe dei Romanov, quasi tutte in marmo bianco.
All’esterno della chiesa si trova il Parco di Alessandro, creato nel 1842 da Nicola I, al cui interno è presente anche uno zoo;


2. l’ÈRMITAŽ.
Эрмитаж. Il complesso dell’Èrmitaž comprende cinque edifici ed ospita anche l’omonimo museo. Il fulcro del complesso è sicuramente il palazzo d’Inverno, quasi completamente barocco. Le sue dimensioni sono enormi: al suo interno si trovano 1050 stanze, 117 scale e 176 statue allegoriche situate sui tetti. Inoltre ci sono il piccolo Èrmitaž, il primo museo voluto da Caterina II, costituito da due parti unite da un giardino pensile; il vecchio Èrmitaž, con un severo stile neoclassico, eretto nel 1780 ma ricostruito nella seconda metà del 1800; l’ Èrmitažyj teatr, il teatro anch’esso in stile neoclassico, che ospita spettacoli di pregio e infine il Novyj Èrmitaž, dal grandioso portico retto da dodici Atlanti di granito;


3. la PROSPETTIVA NEVSKIJ.
Невский проспект. E’ il corso pià importante ed animato di tutta San Pietroburgo, il fulcro della vita cittadina. Le sue dimensioni sono impressionanti: è lungo 4,5 chilometri, largo fino a 60 metri e sempre molto affollato! La prospettiva collega l’Ammiragliato con il monastero di Aleksandr Nevskij, ed è diviso in due parti da una piazza. Lungo la via si trovano edifici molto interessanti, come il palazzo dei Dogi in stile veneziano, il palazzo Stroganov con una sontuosa facciata barocca all’esterno, la casa del Libro e la sua torre, simboli della nuova Pietroburgo capitalista… Nella piazza Kazanskaja si erge la celebre Cattedrale di Nostra Signora di Kazan’. La seconda parte della prospettiva è storicamente preposta alle attività commerciali;


4. la CATTEDRALE DI NOSTRA SIGNORA DI KAZAN’.
Казанский собор. E’ la seconda basilica della città per grandezza; deve il suo nome all’icona della Madonna di Kazan’, che fu trasportata a San Pietroburgo da Mosca per ordine di Pietro il Grande, con il trasferimento della capitale. L’immagine della Madonna di Kazan’ è una delle più venerate dal popolo russo.
Nella chiesa venivano festeggiate quasi tutte le ricorrenze della famiglia reale, soprattutto i matrimoni. La basilica venne eretta per ordine dello zar Paolo I, che voleva una chiesa che glorificasse la propria nazione: dovevano essere russi sia l’architetto, che le maestranze, che i materiali da costruzione. La basilica presenta una pianta a croce allungata e cita chiaramente San Pietro a Roma. L’interno è più simile ad una sala di palazzo che ad un tempio. Al centro della chiesa migliaia di fedeli venerano l’icona della Madonna di Kazan’;


5. la PIAZZA DEL PALAZZO.
Дворцовая площадь. Questa piazza era il centro simbolico dell’impero da quando Pietro il Grande decise di fondare la nuova capitale. Fu teatro di molti eventi storici, come ad esempio da Rivoluzione d’ottobre. Importante è l’arco di Trionfo, che celebra la vittoria del 1812 sulle armate napoleoniche. Dall’arco si dipartono a semicerchio due ali di costruzioni. Al centro della piazza si erge la colonna di Alessandro, innalzata in onore di Alessandro I; è il più grande monolito del mondo moderno, ed è costruito in granito rosa. Sulla sommità, un angelo di bronzo simboleggia Alessandro I che alza al cielo la mano destra e regge con la sinistra la Croce.

Danimarca: istruzioni per l'uso


Informazioni sulla Danimarca.

La Danimarca è il Paese sinonimo della società civile, della diffusa tolleranza e della politica progressista. E’ lo stato più piccolo e meridionale della Scandinavia. Una delle ipotesi degli studiosi è che il territorio dove oggi si trova la Danimarca fosse abitato addirittura durante il periodo interglaciale.

La Danimarca è un Paese neutrale; nonostante questo durante la Seconda Guerra Mondiale venne invasa dai tedeschi. Fortunatamente non riportò conseguenze troppo gravi, anche se l’isola di Bornholm fu pesantemente bombardata dalle forze sovietiche.

La Danimarca è un Paese marittimo, delimitato a ovest dal Mare del Nord e a est dal Mar Baltico. L’unica parte della Danimarca che è unita all’Europa continentale è la penisola dello Jutland. La superficie del Paese è poi occupata da più di 400 isole.

In questo Paese è ancora in vigore la monarchia, la più antica d’Europa, che può essere fatta risalire a Gam il Vecchio, il quale creò il proprio regno all’inizio del X secolo. Oggi la regina in carica (dal 1972) è Margherita II, la prima regina donna per linea di successione della storia della Danimarca.

Il clima danese è relativamente mite grazie all’azione della Corrente del Golfo. La latitudine in cui si trova è la stessa di Mosca e della Scozia Centrale. A gennaio/febbraio, i mesi più freddi, le temperature si aggirano attorno allo 0°C. L’alta umidità e il tempo nuvoloso fanno però sì che le temperature percepite siano più basse. In estate la media è di 15°C. La pioggia è molto frequente durante tutto l’anno.

Il 90% dei danesi aderisce alla Chiesa popolare danese, la Folkkirken, una chiesa luterana evangelica. Solamente il 5% della popolazione si professa però praticante.

La lingua parlata in Danimarca è il danese, una lingua germanica. L’inglese è molto conosciuto da tutti i livelli della popolazione, il tedesco soprattutto nelle località turistiche.

La moneta della Danimarca è la corona (krone). L’abbreviazione utilizzata in Italia e in gran parte dell’Europa continentale è DKK, in Nord Europa è DKr mentre in Danimarca è kr. La corona è divisa in 100 øre. Le monete sono da 25 e da 50 øre e da 1, 2, 5, 10 e 20 corone. Le banconote si trovano in tagli da 50, 100, 200, 500 e 1000 corone.

Per chiamare in Danimarca dall’Italia è necessario comporre il prefisso internazionale 0045.

venerdì 3 aprile 2009

La cucina ceca


La cucina ceca, come quella slovacca, è saldamente ancorata alle tradizioni mitteleuropee e influenzata dalla lunga appartenenza all’Impero austriaco (la schnitzel, un tipico piatto austriaco fatto di carne fritta, è ad esempio molto popolare). E’ molto rinomata per la carne arrosto. La cucina migliore di tutta la Repubblica Ceca è considerata essere quella della Moravia.

La colazione per i cechi consiste in uno spuntino veloce con caffè, prodotti da forno, marmellata e yogurt. Il pasto principale è il pranzo, consumato spesso a base di piatti di carne e patate. La cena, invece, è una versione più leggera del pranzo.

Tutti i pasti, o quasi, sono accompagnati dagli houskové knedlíky, gnocchetti di pane preparati con farina, latte, lievito e tuorlo d’uovo con aggiunta di pane bianco tagliato a cubetti. Dopo la lievitazione questi cubetti vengono cotti in acqua bollente e tagliati a forma di disco. Un contorno comune sono anche gli zelí, i crauti, che possono essere accompagnati anche da una porzione di cavoli al vapore con cipolle, mele, cumino e sale. Se cucinati in questa maniera restano molto croccanti. Un altro contorno è la brambopový salát, insalata di patate. Le patate vengono bollite e mischiate a cipolle, sedano rapa, carote, yogurt, formaggio, maionese, sottaceti e prosciutto.

Un piatto molto famoso della cucina ceca, ma anche di quella slovacca, è il guláš, il gulasch, lo spezzatino di manzo o di maiale mescolato con cipolle a fette, rosolato con la paprika e poi stufato con brodo e pomodori. Il gulasch più buono è quello che viene preparato tre giorni prima di essere servito, anche se le nuove normative europee non prevedono che si possano servire alimenti caldi cucinati meno di tre ore prima.

Per dessert bisogna provare i palačinky, crêpes con marmellata, cioccolata o frutta.

In Repubblica Ceca si registra il più elevato consumo di birra pro capite al mondo. Questa è una specie di “bevanda nazionale”, molto apprezzata dai turisti per il suo gusto e soprattutto per il suo prezzo economico. Il superalcolico più utilizzato è invece lo slivoviz, un’acquavite di prugne dal sapore forte e deciso.

False friends...in spagnolo!

Falsi amici in inglese, in francese, in tedesco…e anche in spagnolo!

Anche nel caso di questa lingua si tratta di una serie di lemmi che hanno una forma simile a delle parole italiane, ma che ne differiscono completamente nel significato.

Di seguito ne riporto alcuni:
-aceite = olio, non aceto (vinagre);
-alargar = allungare, non allargare (ensanchar);
-biscote = fetta biscottata, non biscotto (galleta);
-burro = asino, non burro (mantequilla);
-cero = zero, non cero (cirio);
-caldo = brodo, non caldo (calor);
-disparo = sparo, non dispari (impar);
-dentera = ansia, non dentiera (placa dental);
-embarazada = incinta, non imbarazzata (avergonzada);
-efectivamente = efficacemente, non effettivamente (en efecto);
-fracaso = insuccesso, non fracasso (estruendo);
-fecha = data, non feccia (hez);
-grato = gradito, non grato (agradecido);
-guarida = rifugio, non guarita (curada);
-habitación = stanza, non abitazione (casa);
-halagar = lusingare, non allagare (inundar);
-lobo = lupo, non lobo (lóbulo);
-lepra = lebbra, non lepre (liebre);
-maleta = valigia, non maglietta (polera);
-mantel = tovaglia, non mantello (capa);
-nudo = nodo, non nudo (desnudo);
-nata = panna, non nata (nacida);
-oficina = ufficio, non officina (taller mecánico);
-oso = orso, non osso (hueso);
-patente = evidente, non patente (licencia);
-patito = anatroccolo, non patito (demacrado);
-rifar = sorteggiare, non rifare (rehacer);
-recorrer = percorrere, non ricorrere (recurrir);
-seta = fungo, non seta (seda);
-sierra = catena montuosa, non serra (invernadero);
-topo = talpa, non topo (rata);
-timo = fregatura, non timo (tomillo);
-viso = atteggiamento, non viso (rostro);
-vaso = bicchiere, non vaso (tiesto).


Top five: Vilnius


Top five: cosa visitare a… Vilnius!

Vilnius, città bizzarra e seducente, è la capitale della Lituania. Ovunque si possono trovare testimonianze di perdite e dolori, dai tragici orrori delle celle di tortura del KGB al ghetto, nel centro cittadino, nel quale la comunità ebraica ha vissuto prima dello sterminio di massa della Seconda Guerra Mondiale. Ma è allo stesso tempo una città allegra, affascinante e aperta al turismo.

Secondo la leggenda Vilnius venne fondata nei primi anni del 1300 quando Gedimino, il granduca di Lituania, vide in sogno un lupo che ululava con la forza di 100 e credette che fosse il segno che dovesse fondare una città possente quanto quell’ululato. In realtà Vilnius venne fondata circa mille anni prima.

Da visitare:
1. la CATTEDRALE DI VILNIUS.
E’ costruita su un sito utilizzato in origine per il culto di Perkūnas, il dio lituano del tuono. E’ uno dei simboli nazionali del Paese. Durante il regime sovietico fu trasformata in una pinacoteca, ma venne riconsacrata nel 1989 e da allora tutti i giorni si celebra la messa. Inizialmente, alla fine del 1300, venne costruita una prima cattedrale in legno; nel XV secolo il granduca Vitoldo volle un edificio più grandioso in stile gotico. Alla fine del 1700 ci fu l’ultimo dei numerosi rimaneggiamenti della Cattedrale di Vilnius. Le statue di Sant’Elena, san Casimio e San Stanislao in cima alla cattedrale sono copie degli originali in legno, distrutti all’epoca di Stalin. Le state sul lato sud raffigurano inoltre i duchi della Lituania mentre quelle a nord apostoli e santi;


2. la PILIESGATVÉ.
E’ la via acciottolata del Castello, il cuore nevralgico dell’attività turistica e principale via d’accesso alla Città Vecchia. La Città Vecchia è il più grande centro storico dell’Europa orientale, ed è stata dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. La Piliesgatvé pullula di artisti di strada, bancarelle di souvenir, taxi a pedali e anche di parecchi mendicanti. Fino al XIX secolo, la strada era separata dalla piazza dalle mura del castello inferiore, che la attraversavano all’estremità nord, e si poteva passare dall’una all’altra parte solo attraverso una porta. L’atto che sancì l’indipendenza della Lituania nel 1918 venne firmato al numero 26 di questa via, nella barocca Casa dei Firmatari;


3. il GRANDE GHETTO.
Il ghetto venne creato il 6 settembre 1941 a sud di Vokiečių Gatvé, ed è rimasto in essere fino alla distruzione di tutti i ghetti ordinati da Himmler nel settembre del 1943. L’unica porta del ghetto principale era posta dove oggi si trova una targa con iscritta la pianta particolareggiata dell’ex ghetto. Nell’ultimo periodo sono in corso i lavori di restauro di tutto il ghetto ebraico; la Grande Sinagoga, della fine del 1800, è già visitabile. Da vedere anche la Biblioteca Strashun e lo Judenrat;


4. la COLLINA DI GEDIMINO.
Questa collina è alta all’incirca 50 metri e fin dal XIII secolo è sormontata da una torre di mattoni rossi. Le mura che la circondano furono danneggiate durante l’occupazione russa ma vennero prontamente restaurate nel 1930 per ospitare il Museo del Castello Superiore. Nel rinascimento sulla collina di Gedimino venne costruito il Palazzo Reale. Al suo interno si trovava un vasto cortile di 10.000 m2 . Il Palazzo visse un periodo di grande splendore durante il XVI secolo, ma verso la fine del 1700, a causa dell’occupazione russa, venne demolito. Attualmente è in fase di ricostruzione, ma entro quest’anno dovrebbe essere riaperto al pubblico;


5. la COLLINA DELLE TRE CROCI.
Tra le colline di Vilnius che meritano una visita, questa si trova nelle prime posizioni. Alla sommità di questa altura si ergono tre croci che furono collocate qui nel XVII secolo per commemorare tre monaci che vennero crocifissi proprio in questo punto. Purtroppo le croci che si vedono oggi non sono più quelle originali, ma delle copie; le originali vennero distrutte dai sovietici dopo la Seconda Guerra Mondiale; in linea con lo spirito del Paese, i lituani hanno voluto lasciare le rovine delle croci distrutte come ricordo storico dell’occupazione straniera.

mercoledì 1 aprile 2009

I Blackfoot


Un'altra tribù degli Indiani d’America è rappresentata dai Blackfoot, conosciuti in Italia anche con il nome di “Piedi Neri”. Loro si definiscono invece il “Popolo Originale”.

Il nome “piedi neri” deriva dal fatto che probabilmente, in passato, i componenti di questa nazione utilizzassero dei mocassini neri.

Erroneamente molti pensano che i Blackfoot fossero un’unica tribù: si tratta invece dell’unione di quattro tribù algonchine alleate tra di loro, che parlavano un unico idioma. Tre di loro vivevano nello stato dell’Alberta (i Sarcee, i Kainai e i Siksika) mentre i Piegan erano stanziati nell’attuale Montana.

Erano un popolo molto bellicoso, che incuteva parecchio timore negli uomini bianchi: ci sono testimonianze di uomini uccisi perché si erano avventurati nei loro territori di caccia. Erano diventati, con il tempo, abili cavallerizzi e abili cacciatori. Erano spesso in lotta con le tribù loro vicine, come i Crow e i Sioux.

L’abitazione tipica era la tenda, detta anche tepee; nonostante vivessero in zone dove c’era una grande abbondanza di bufali, preferivano cacciare i bisonti come la maggior parte degli altri Indiani d’America; questi animali costituivano la loro fonte di sostentamento principale e di cui non buttavano via niente: ogni minima parte dell’animale veniva sfruttata.

La cerimonia tradizionale più conosciuta dei Blackfoot è quella della Danza del Sole. La poligamia era accettata; più un guerriero era ricco, più poteva avere molte mogli.

Oggi il numero di Blackfoot è fortemente diminuito: se ne contano all’incirca 10.000, quasi tutti costretti a vivere in una riserva in Montana.

Lettonia: istruzioni per l'uso


Informazioni sulla Lettonia.

La Lettonia è uno dei Paesi baltici che attira per la sua grande vivacità. Nell’ultimo periodo sta attraversando una fase di transizione, desiderosa di lasciarsi alle spalle l’immagine di ex Paese sovietico. Al di fuori della capitale Rīga, la vita diventa molto meno frenetica e nei villaggi non si vive tanto diversamente di quanto non succedesse qualche centinaio di anni fa.

La Lettonia è un Paese indipendente dal 1991, e oggi è anche membro dell’Unione Europea. L’occupazione sovietica iniziò nel 1939, ma per quattro anni, dal 1941 al 1945 arrivarono i nazisti. In questo periodo la quasi totalità della comunità ebraica lettone venne sterminata. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale l’Unione Sovietica riconquistò la Lettonia e le impose la sua occupazione per 40 anni.

Il popolo lettone può, a prima vista, sembrare freddo e altezzoso. Sicuramente è un popolo riservato, amante della natura e delle tradizioni, che spesso attingono dalla tradizione pagana. Il suo atteggiamento guardingo non è così sorprendente: si deve alla storia di dura e lunga oppressione subìta dal Paese.

I cittadini italiani che vogliono andare in Lettonia per un periodo inferiore ai 90 giorni possono farlo con la sola carta d’identità valida per l’espatrio. Oltre i 90 giorni, invece, è necessario il permesso di soggiorno che viene richiesto all’Ufficio per la Cittadinanza e l’Immigrazione.

Il clima della Lettonia in inverno supera raramente i 4°C; in alcune zone addirittura rimane costantemente sotto lo 0°C da dicembre fino a febbraio. Le giornate invernali sono brevi e con poca luce, ma con l’arrivo dell’estate le temperature si alzano (anche se non salgono quasi mai sopra i 18/20°C) e le giornate si allungano di parecchio, vista la latitudine della Lettonia.

Le banche sono aperte da lunedì a giovedì dalle 9.00 alle 16.00; il venerdì chiudono alle 16.00.
I negozi osservano il seguente orario di apertura: da lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 19.00.
Le posta apre alle 8.00 e chiude alle 19.00 in settimana, mentre il sabato chiude prima, alle 15.00.

La moneta della Lettonia è il Lats (Ls), il cui plurale è lati. I Lati sono divisi in 100 santīmi (il singolare è santīms). Le monete sono da 1, 2, 5, 10, 20 e 50 santīmi e da 1 e 2 lats. Le banconote invece si trovano in tagli da 5, 10, 20, 50, 100 e 5000 lati.

Per chiamare in Lettonia dall’Italia è necessario comporre il prefisso internazionale 00371.

Castelli della Loira: Chambord


Le Château de Chambord.

Il castello più grande tra tutti i Castelli della Loira è il castello di Chambord, simbolo del Rinascimento francese. Sorge lungo il corso del fiume Cosson, un affluente della Loira.

Appena lo si scorge si resta davvero a bocca aperta per le sue enormi dimensioni. Un po’ di numeri: è alto 56 metri, lungo 153 metri e largo 117 metri. Comprende 440 stanze, 84 scale, 365 camini originali, numerosi tetti oltre che a 32 chilometri di cinta. Il castello è disegnato a forma di croce, con il mastio centrale fiancheggiato da quattro torri e circondato da un cortile. Affascinante è anche il tetto, formato da una serie infinita di guglie, di torrette e di pinnacoli dorati.

Nel 1515 al re Luigi XII succedette il re Francesco I, che aveva solamente 21 anni. Nonostante la giovane età voleva costruire un’opera che perpetuasse per sempre il suo ricordo nei posteri, purtroppo però non riuscì a vederlo terminato (i lavori si protrassero dal 1519 al 1537). Il suo stemma, la salamandra, si ritrova molteplici volte in ogni parte della dimora. Il castello venne rinnovato nel suo splendore da due re, Luigi XIII e Luigi XIV che lo resero il gioiello che possiamo ammirare oggi.

Al suo interno è celebre lo scalone a doppia elica, che la tradizione vuole attribuire al genio creativo di Leonardo da Vinci. Si tratta di due rampe a chiocciola che salgono l’una sull’altra fino alle terrazze senza mai incontrarsi. Questo scalone fu disegnato in modo che due persone che salissero e scendessero la scala potessero sempre vedersi, ma mai incontrarsi, se non all’inizio o alla fine.

Molte stanze sono visitabili, tra tutte quella di Francesco I (al primo piano), una delle più grandi, come del resto lo sono quasi tutte quelle degli appartamenti reali. La maggior parte dei mobili che si vedono però non è originale: si tratta di fedeli ricostruzioni per sopperire alla mancanza di ciò che venne perso o distrutto durante il periodo della Rivoluzione Francese.

Al secondo piano si trova il Museo della Caccia e della Natura, dedicato all’arte venatoria, molto cara sia a Francesco I che a molti dei suoi successori.

Nel 1670 a Chambord venne messo in scena per la prima volta il “Borghese gentiluomo” di Molière.

A Chambord non c’è da visitare solamente il castello, anche l’enorme parco merita almeno una passeggiata tra i suoi sentieri tenuti magnificamente, i suoi laghetti e i suoi terreni di caccia. Il parco è chiamato Domaine National de Chambord e comprende ben 5.500 ettari, di cui 4.500 sono interamente coperti da boschi; oltre all’interesse paesaggistico non bisogna tralasciare l’interesse faunistico: al suo interno si trovano numerose specie di animali, tra cui i famosi cinghiali e cervi del castello di Chambord. E’ il parco boschivo recintato più grande d’Europa.