lunedì 6 aprile 2009

Uzbekistan: istruzioni per l'uso


Informazioni sull’Uzbekistan.

L’Uzbekistan è il Paese più ricco di storia fra tutte le repubbliche dell’Asia Centrale. Annovera alcune delle città più antiche del mondo e molti dei principali centri sulla Via della Seta. E’ un chiaro esempio di sintesi tra Oriente ed Occidente.

Per entrare in Uzbekistan è necessario essere in possesso dei visti rilasciati dalle Rappresentanze Diplomatiche e dagli Uffici Consolari dell’Uzbekistan all’estero o presso gli Uffici del Ministero degli Affari Esteri collocati nell’aeroporto di Tashkent, la capitale. Il passaporto deve avere almeno due pagine libere ed essere valido almeno altre sei mesi dopo la scadenza del visto. Bisogna portare con sé anche una foto formato tessera.

Non è necessaria alcuna vaccinazione per entrare in Uzbekistan, ma si raccomanda sempre di evitare di bere l’acqua del rubinetto e preferire sempre l’acquisto di quella imbottigliata. L’acqua infatti è ricca di minerali e di sali metallici, quindi attrezzarsi per i disturbi gastro-intestinali comuni. Un altro problema frequente in cui ci si può imbattere durante un viaggio in Uzbekistan è quello delle ustioni solari, per cui è sempre necessario portare con sé protezioni solari adeguate e un cappello.

La geografia dell’Uzbekistan vede uno Stato in buona parte pianeggiante, grande 1.5 volte l’Italia. La sua superficie è occupata per due terzi da steppa e deserto, mentre ad est ci sono le montagne che segnano la linea di confine con gli altri Paesi.

Il fuso orario fa segnare +4 ore rispetto all’Italia nei mesi in cui vige l’ora solare, mentre +3 ore nei restanti. In Uzbekistan, infatti, non è mai entrato in vigore l’orario legale.

La lingua ufficiale è l’uzbeko, di origine turca. Oggi si scrive in alfabeto cirillico, anche se negli ultimi anni si è verificato un uso sempre crescente dell’alfabeto latino, sia per quanto riguarda le insegne che le indicazioni stradali. La maggior parte della popolazione conosce il russo, mentre la lingua inglese è poco conosciuta.

L’Uzbekistan è un Paese musulmano moderato, anche per via della profonda influenza subita durante la dominazione sovietica che ha fatto sì che lo stile di vita si modificasse in direzione di un atteggiamento meno intenso dal punto di vista spirituale. Ma la religione musulmana permea comunque la storia e la tradizione dell’Uzbekistan, come testimoniano le numerose moschee, scuole coraniche antiche e minareti che si trovano ovunque.

La moneta uzbeka è il Sum. E’ preferibile per i turisti circolare con denaro contante, poiché i travel cheques sono difficilmente cambiabili e le carte di credito sono poco accettate. L’Euro è accettato per il cambio, anche se il dollaro è preferito. Il problema che si ha con questa moneta è che il taglio di banconota più grande, 100 sum, è inferiore ad un euro. Quindi ci si ritrova con centinaia di banconote per poche decine di euro.

Per telefonare dall’Italia in Uzbekistan bisogna comporre il prefisso internazionale +998, seguito dal prefisso della città prescelta: 71 per Tashkent, 62 per Khiva, 662 per Samarcanda e 365 per Bukhara.

Le temperature sono soggette a notevoli escursioni termiche tra il giorno e la notte, anche di 20°C. Le precipitazioni sono minime, tranne che ad altitudini elevate. L’estate si presenta torrida con temperature che raggiungono anche i 40°C, mentre in inverno le temperature possono scendere sotto lo 0°C e sono possibili fenomeni di carattere nevoso.

Lingua lituana

Il lituano è, insieme al lettone, uno dei due idiomi del gruppo baltico ad essere sopravvissuto delle lingue indoeuropee.

Nelle sue forme grammaticali è ritenuto essere dagli studiosi antico quanto il sanscrito, quindi riveste un ruolo molto importante nella linguistica. Molte delle sue forme sono rimaste inalterate per più tempo rispetto a quelle di altre lingue indoeuropee, e per questo sono oggetto di studio attento.

Il lituano mantiene la forma maschile e quella femminile anche nei verbi. L’accento e le variazioni di tono sono molto sottili, ma si viene comunque capiti anche se non si riesce a rispettarle tutte.

Nella lingua lituana non esistono le lettere “w”, “q” e “x”, ma in compenso esistono “č”, “ŏ”, “š” e “ž” per quanto riguarda le consonanti, mentre troviamo le lettere “ą”, “ę”, “į”, “ū” e “ų”.La lettera “i” è parzialmente interscambiabile con la lettera “y”.

Di seguito riporto la pronuncia delle lettere che non esistono in italiano o che nella nostra lingua sono pronunciate diversamente dal lituano:
-ą: è una “a” più lunga;
-e: pronunciata con un suono a metà tra la “a” e la “e”;
-ę: è una “e” più lunga;
-e: è una “e” aperta, come in certo;
-y/į: è una “i” più lunga;
-ū/ų: è una “u” più lunga;
-c: come in pizza;
-ŏ: come in circo;
-h: si pronuncia aspirata;
-dž: come in gente;
-dz: come nell’inglese beds;
-g: come in gatto;
-j: come in ieri;
-š: come in scivolo;
-ž: come nel francese jambon.

Pillole di lituano:
-ciao: SVEIKI;
-salve: LABAS;
-arrivederci: SUDIE;
-sì: TAIP;
-no: NE;
-grazie: DEKOJU;
-prego: PRAŠAU;
-mi chiamo Laura: MANO VARDAS YRA LAURA;
-aiuto!: GELBEKITE!

Castelli della Loira: Blois


Le Château de Blois

Il castello di Blois è il palazzo di Luigi XII. Il suo momento doro ci fu nell’anno 1462, quando vi nacque il futuro re di Francia, Luigi XII per l’appunto. Succeduto a Carlo VIII nel 1498, il nuovo re diede inizio a un grandioso progetto di trasformazione dell’edificio, di origine duecentesca, in residenza reale. Fu costruita una nuova ala ma soprattutto fu rivoluzionato l’impianto stesso della città, con l’allestimento di vasti giardini.
La scala interna principale del castello è elicoidale; l’innovazione di questo elemento architettonico consiste nelle aperture verso la corte interna, che nelle torri medievali e gotiche era assente per motivi difensivi. La facciata delle logge è molto scenografica, così come la scala esterna che domina la corte o i camini presenti in ognuna delle sale dell’ala di Francesco I.

Gli arredi e i decori rivelano un’influenza italiana, derivata da Firenze, da dove proveniva uno dei personaggi chiave della storia del castello di Blois: Caterina de’ Medici. La donna entrò di prepotenza nella dinastia reale di Francia grazie al matrimonio con Enrico II, e da quel momento seppe sempre imporre la sua presenza a corte, creando attorno a sé un circolo culturale. Non meraviglia quindi che uno dei locali più interessanti di tutto il castello di Blois sia proprio il gabinetto di lavoro di Caterina de’ Medici, al primo piano.

Il castello è disseminato di ripostigli segreti, che secondo le credenze popolari servivano agli scopi più fantasiosi; in realtà avrebbero dovuto servire come luoghi dove riporre gioielli e documenti di Stato.
Al secondo piano si trova una serie di tele d’autore che fa rivivere le tragiche sequenze dell’assassinio del duca Enrico di Guisa, vittima di una congiura perpetrata contro di lui da Enrico III, figlio di Caterina de’ Medici.

E’ un complesso architettonico dove si mescolano stili completamente diversi: il castello si compone infatti di tre ali, ognuna delle quali si differenzia dalle altre. La prima è l’ala Luigi XII, costruita in mattoni rossi e pietra; la seconda è l’ala Francesco I, dal gusto completamente italiano e l’ultima è l’ala Gastone d’Orléans, dove lo stile predominante è quello neoclassico.

I tre ponti che giungono al castello di Blois hanno nomi particolari: il primo il Pont Jacques Gabriel, il nome dell’architetto che l’ha costruito. Gli altri due hanno i nomi di due Presidenti della Repubblica francese: il Pont Charles de Gaulle e il Pont François Mitterrand.

Top five: Varsavia


Top five: cosa visitare a…Varsavia!

Varsavia è la capitale della Polonia; la sua storia è parecchio travagliata, segnata da diversi momenti di difficoltà seguiti a delle grandi rinascite. Il primo nucleo urbano risale al XIV secolo, quando i duchi di Moravia fecero costruire una fortezza nel punto in cui oggi sorge il castello reale. Il periodo più buio della città iniziò il primo settembre del 1939, quando le bombe naziste iniziarono a bersagliare la città; un settimana dopo Varsavia era posta sotto assedio, e un mese dopo cadde definitivamente. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale sia il centro della città che la sua area metropolitana erano solo un ammasso di macerie. Oggi invece si presenta come una città fiorente, moderna e dinamica.

Varsavia è suddivisa in due metà disuguali dal Wisla, il fiume Vistola. La maggior parte delle attrazioni si trova ad ovest del fiume.

Da visitare:
1. il CASTELLO REALE.
Prima di accedere al Castello bisogna visitare la sua piazza, dalla particolare forma triangolare, dove si trova la Colonna di Sigismondo III Vasa, un maestoso monumento alto 22 metri, eretto in onore del re che trasferì la capitale da Cracovia a Varsavia. E’ il secondo monumento secolare più antico della città. La statua venne abbattuta durante la Seconda Guerra Mondiale, ma venne recuperata e collocata alla sommità di una nuova colonna, dove oggi è possibile ammirarla.
Il Castello venne fatto saltare in aria anch’esso dai nazisti; in origine era una fortezza in legno proprietà dei duchi di Masovia. Il suo massimo splendore lo raggiunse nel XVII secolo, quando era una delle più splendide residenze reali europee. Due piani del Castello sono aperti al pubblico. Vale la pena vedere la Sala delle grandi assemblee, dove si trova sul soffitto un pregiato dipinto, “La liberazione del caos”, la Stanza di Marmo in stile cinquecentesco con marmi colorati e trompe l’œil, più 22 ritratti di re polacchi e la Stanza Canaletto, nell’appartamento del Re, con 23 dipinti del Canaletto che riproducono l’architettura di Varsavia in modo dettagliato;


2. la CITTà VECCHIA.
Parzialmente cinta di mura, il suo fulcro si trova nella Piazza della Città Vecchia, bordeggiata da palazzi rinascimentali e barocchi con elementi gotici e neoclassici. Nel centro della piazza si trova la statua della Sirena, il simbolo di Varsavia. Da vedere anche il Museo Storico di Varsavia, il Museo della Letteratura e la Cattedrale di San Giovanni, la più antica della chiese della città. Venne costruita all’inizio del XV secolo, rasa al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale e infine ricostruita nel periodo postbellico in stile gotico;


3. la CITTADELLA.
A nord della Città Nuova si trova questa massiccia fortezza del XIX secolo che si affaccia sulla Vistola. Venne fatta costruire dallo zar dopo l’insurrezione del novembre 1830 per intimidire la popolazione; per anni fu una prigione politica. Oggi viene utilizzata dall’esercito. Di interesse l’imponente porta che si affaccia sul fiume: è Brama Stracen, la Porta dell’Esecuzione, dove i prigionieri politici venivano messi a morte;


4. ULICA NOWY SWIAT.
E’ la Via del Nuovo Mondo, la più trafficata strada di Varsavia. E’ la via dello shopping con negozi, caffè e ristoranti. Gli edifici sono quasi tutti del secondo dopoguerra, anche se lo stile è comunque neoclassico dell’ ‘800. In questa via si trova il Museo Chopin con esposizioni permanenti relative alla vita dell’artista, il suo ultimo pianoforte e la sua maschera mortuaria;


5. ANTICO GHETTO EBRAICO.
Prima della Seconda Guerra Mondiale gran parte della comunità ebraica di Varsavia viveva nei quartieri Mirowe e Muranow. I nazisti crearono in questa zona il Ghetto di Varsavia nel 1940, che poi fu raso al suolo dopo la rivolta interna del 1943. I punti più interessanti si trovano nella parte settentrionale: il Museo della Prigione di Pawiak, la più famigerata della Polonia, originariamente creata per la detenzione degli oppositori politici dello zar. Poi divenne tristemente nota per essere la prigione della Gestapo. Nel 1944 venne fatta saltare in aria ma oggi è ancora possibile visitare tre celle di detenzione. Da vedere anche il Monumento agli Eroi del Ghetto, dedicato alle migliaia di ebrei che persero la vita nella rivolta del 1943. Infine il Cimitero Ebrico del 1806, il più grande d’Europa, un luogo davvero desolato. Da cercare la tomba di Ber Sonnenberg, uno dei monumenti funerari più belli del mondo.

Indiani d'America: Cherokee


I Cherokee sono un’altra tribù dei Nativi americani, una di quelle che fa parte delle “Cinque Tribù civilizzate”. Questo appellativo venne dato loro, così come ai Chickasaw, ai Choctaw, ai Creek e ai Seminole, perché dopo l’arrivo dei “bianchi” adottarono molti dei loro usi e costumi; inoltre non furono delle nazioni bellicose, ma convissero con i conquistatori pacificamente. Adottarono anche i nomi e le organizzazioni anglosassoni.

Durante la Storia furono alleati degli inglesi, inizialmente contro i francesi che volevano il controllo dell’America del Nord, e successivamente contro i coloni nella Guerra d’Indipendenza americana.

Inizialmente questo popolo viveva nelle terre a sud e a est degli Stati Uniti d’America, ma gradatamente furono costretti a ritirarsi in una pianura di quello che oggi sono gli stati del North Carolina e dell’Oklahoma, nonostante fossero ben integrati.

Il nome cherokee potrebbe derivare dalla parola “Tsalagi”, poiché questo popolo non utilizza il suono “r”, e dunque la pronuncia di “tsalagi” è molto simile a quella che per noi è “cherokee”, e significa “coloro che vivono sulle montagne”. La loro lingua, polisintetica, fa parte della famiglia irochese di area culturale sudorientale.

L’economia dei Cherokee era basata sull’agricoltura intensiva: si coltivavano principalmente mais e fagioli; praticavano anche la caccia, specialmente a orsi e a cervi.

A partire dal XIX secolo, iniziarono ad aprire scuole pubbliche, adottarono un alfabeto e fondarono un giornale.

Oggi i Cherokee vivono soprattutto nelle riserve loro destinate, ma alcuni di loro sono diventati famosi a livello internazionale, come ad esempio Redbird Smith. Restano uno dei maggiori gruppi indigeni del Paese. I più conservativi, per quanto riguarda le tradizioni, gli usi e i costumi, sono sicuramente i Cherokee del North Carolina.

Le fortezze vichinghe


In Danimarca sono state scoperte quattro fortezze circolari che testimoniano la ricca storia dei Vichinghi.

Le quattro fortezze sono: Trelleborg, situata sull’isola di Sjœlland, Fyrkat vicino a Hobro nello Jutland, Nonnebakken nell’isola di Funen e Aggersborg, ancora nello Jutland.

Queste fortezze vennero edificate in forma circolare con spesse mura in terra e porte in corrispondenza dei quattro punti cardinali. L’unità di misura che venne utilizzata era il piede romano, corrispondente all’incirca a 30 centimetri. Le fortezze erano molto precise e simmetriche da un punto di vista matematico.

In corrispondenza dei quattro punti cardinali sorgevano quattro porte. All’interno delle mura si trovavano delle assi di legno il cui scopo era quello di alloggiare i soldati. Era significativo il fatto che non esistessero delle dimore adibite alla sola nobiltà.

Lo scopo di queste fortezze vichinghe non è ancora stato chiarito con esattezza; si pensa che vennero costruite intorno al 980 d.C.. Probabilmente erano utilizzate come campi di addestramento per preparare l’invasione dell’Inghilterra da parte di re Sven, oppure, secondo l’opinione di altri esperti, erano utilizzate dalla monarchia per consolidare il potere all’interno dei propri territori.

sabato 4 aprile 2009

Castelli della Loira: Amboise


Le Château d’Amboise.

Il castello di Amboise fu fatto costruire da Carlo VIII su un edificio di epoca medievale. Il castello domina dall’alto di un risalto roccioso la piccola omonima cittadina.

Verso gli inizi del 1500 il castello non era ancora ultimato, ma prometteva di diventare uno dei più “italiani” della Loira, grazie al re Carlo VIII che amava l’Italia a tal punto da passarne gran parte dell’anno. Dal nostro Paese importò diversi mobili, stoffe e opere d’arte. Purtroppo il re scomparse a 28 anni, e non riuscì a vedere la sua opera compiuta.

I suoi successori furono Luigi XII e Francesco I. Proprio durante il regno di quest’ultimo arrivò ad Amboise uno dei più grandi uomini italiani mai esistiti, eletto anche “Uomo del millennio” a inizio secolo: si tratta di Leonardo da Vinci. Il toscano arrivò in questa città nel 1516, quando aveva 64 anni, portando con sé il suo più grande capolavoro: la “Gioconda”, per attuare il progetto del re che voleva impostare il resto del palazzo secondo il nuovo stile rinascimentale italiano.

A Leonardo, oltre che una rendita, venne data anche una dimora personale: il castello di Le Clos-Lucé, non tanto distante dal castello di Amboise e visitabile. Rimase a Le Clos-Lucé solamente tre anni, poiché morì nel 1519.

L’impianto originale del castello è oggi ridotto nelle sue dimensioni e in parte svuotato dagli arredi originali. Al suo interno si mescolano diversi stili: ad esempio il gotico della Sala del Consiglio e il Primo Impero degli Appartamenti di Luigi Filippo. Durante il periodo di massimo splendore il castello di Amboise aveva anche un giardino delle meraviglie, ma purtroppo di quella magnificenza oggi non resta molto.

Tra le diverse torri che ornano il castello, quella che predomina è la Torre dei Minimi, alta 40 metri. Si può camminare lungo la cinta muraria, da cui si gode di una vista particolarmente suggestiva.

Diverse sono le sale visitabili: tra queste merita una particolare attenzione la Sala del Consiglio (chiamata anche Sala degli Stati), con volte in pietra a crociera.

A pochi metri dal castello c’è la cappella di St. Hubert. Qui sono sepolte le ceneri di Leonardo da Vinci, dopo che la collegiata di San Fiorentino venne rasa al suolo nel 1807 (secondo le volontà del Maestro erano prima state conservate in questo luogo). La cappella è bellissima nelle sue linee gotiche; venne costruita da artigiani fiamminghi.

Sull’isolotto di fronte al castello si trova una statua bronzea di Leonardo da Vinci.

Top five: San Pietroburgo


Top five: cosa visitare a…San Pietroburgo!

Санкт Петеребург venne fondata per motivi commerciali e militari nel 1702. La fondazione fu voluta da Pietro I il Grande, che voleva creare un avamposto verso l’Europa, contrastando così la potenza navale della Svezia. Sempre grazie a Pietro I San Pietroburgo fu anche capitale della Russia.

Nonostante le difficili condizioni ambientali, la sua posizione strategica e le buone comunicazioni fluviali l’hanno resa una città storicamente molto importante: fu infatti il teatro principale della Rivoluzione di Pietrogrado. Una particolarità legata a questa città riguarda i nomi che ha assunto nel corso degli anni: nata come San Pietroburgo, fu poi chiamata solo Pietroburgo, poi Pietrogrado, dopo la morte di Lenin Leningrado. Oggi è chiamata San Pietroburgo solamente nei documenti ufficiali, oppure per scherno, per i più è semplicemente Pietroburgo.

Da visitare:
1. la FORTEZZA DEI SANTISSIMI PIETRO E PAOLO.
Петропавловская крепость. Fu la prima costruzione fatta realizzare da Pietro il Grande; è situata nella cosiddetta isola delle Lepri. Fu fortemente voluta come difesa dello sbocco sul Baltico, che all’epoca era dominata dalla flotta svedese. Il complesso segue il contorno quasi esagonale dell’isola attraverso un sistema di fortificazioni, con sei bastioni e sei muraglie. Quando perse ogni importanza militare, fu trasformata in carcere; all’interno delle sue prigioni vennero rinchiusi diversi detenuti politici, tra cui Dostoevskij e Gor’kij. Nell’ottobre 1917 tutta la guarnigione che vi era alloggiata si ribellò e inizio così la famosa rivoluzione.
Per arrivare alla fortezza si devono superare il ponte e la porta di San Giovanni. L’ingresso principale della fortezza è la porta di San Pietro in forma di arco trionfale. Subito dopo si trova l’enorme statua raffigurante Pietro I. Da vedere anche la cattedrale dei Ss. Pietro e Paolo, opera di Domenica Trezzini, un ticinese; si tratta della prima architettura barocca a San Pietroburgo. Purtroppo nel 1756 un fulmine provocò un incendio che distrusse praticamente quasi tutta la chiesa. Interessante il carillon posto nell’alta torre, che suona ogni giorno alle 12 e alle 18 il vecchio inno zarista. La chiesa ha una pianta basilicale con tre navate. All’interno si trovano le trentatré tombe dei Romanov, quasi tutte in marmo bianco.
All’esterno della chiesa si trova il Parco di Alessandro, creato nel 1842 da Nicola I, al cui interno è presente anche uno zoo;


2. l’ÈRMITAŽ.
Эрмитаж. Il complesso dell’Èrmitaž comprende cinque edifici ed ospita anche l’omonimo museo. Il fulcro del complesso è sicuramente il palazzo d’Inverno, quasi completamente barocco. Le sue dimensioni sono enormi: al suo interno si trovano 1050 stanze, 117 scale e 176 statue allegoriche situate sui tetti. Inoltre ci sono il piccolo Èrmitaž, il primo museo voluto da Caterina II, costituito da due parti unite da un giardino pensile; il vecchio Èrmitaž, con un severo stile neoclassico, eretto nel 1780 ma ricostruito nella seconda metà del 1800; l’ Èrmitažyj teatr, il teatro anch’esso in stile neoclassico, che ospita spettacoli di pregio e infine il Novyj Èrmitaž, dal grandioso portico retto da dodici Atlanti di granito;


3. la PROSPETTIVA NEVSKIJ.
Невский проспект. E’ il corso pià importante ed animato di tutta San Pietroburgo, il fulcro della vita cittadina. Le sue dimensioni sono impressionanti: è lungo 4,5 chilometri, largo fino a 60 metri e sempre molto affollato! La prospettiva collega l’Ammiragliato con il monastero di Aleksandr Nevskij, ed è diviso in due parti da una piazza. Lungo la via si trovano edifici molto interessanti, come il palazzo dei Dogi in stile veneziano, il palazzo Stroganov con una sontuosa facciata barocca all’esterno, la casa del Libro e la sua torre, simboli della nuova Pietroburgo capitalista… Nella piazza Kazanskaja si erge la celebre Cattedrale di Nostra Signora di Kazan’. La seconda parte della prospettiva è storicamente preposta alle attività commerciali;


4. la CATTEDRALE DI NOSTRA SIGNORA DI KAZAN’.
Казанский собор. E’ la seconda basilica della città per grandezza; deve il suo nome all’icona della Madonna di Kazan’, che fu trasportata a San Pietroburgo da Mosca per ordine di Pietro il Grande, con il trasferimento della capitale. L’immagine della Madonna di Kazan’ è una delle più venerate dal popolo russo.
Nella chiesa venivano festeggiate quasi tutte le ricorrenze della famiglia reale, soprattutto i matrimoni. La basilica venne eretta per ordine dello zar Paolo I, che voleva una chiesa che glorificasse la propria nazione: dovevano essere russi sia l’architetto, che le maestranze, che i materiali da costruzione. La basilica presenta una pianta a croce allungata e cita chiaramente San Pietro a Roma. L’interno è più simile ad una sala di palazzo che ad un tempio. Al centro della chiesa migliaia di fedeli venerano l’icona della Madonna di Kazan’;


5. la PIAZZA DEL PALAZZO.
Дворцовая площадь. Questa piazza era il centro simbolico dell’impero da quando Pietro il Grande decise di fondare la nuova capitale. Fu teatro di molti eventi storici, come ad esempio da Rivoluzione d’ottobre. Importante è l’arco di Trionfo, che celebra la vittoria del 1812 sulle armate napoleoniche. Dall’arco si dipartono a semicerchio due ali di costruzioni. Al centro della piazza si erge la colonna di Alessandro, innalzata in onore di Alessandro I; è il più grande monolito del mondo moderno, ed è costruito in granito rosa. Sulla sommità, un angelo di bronzo simboleggia Alessandro I che alza al cielo la mano destra e regge con la sinistra la Croce.

Danimarca: istruzioni per l'uso


Informazioni sulla Danimarca.

La Danimarca è il Paese sinonimo della società civile, della diffusa tolleranza e della politica progressista. E’ lo stato più piccolo e meridionale della Scandinavia. Una delle ipotesi degli studiosi è che il territorio dove oggi si trova la Danimarca fosse abitato addirittura durante il periodo interglaciale.

La Danimarca è un Paese neutrale; nonostante questo durante la Seconda Guerra Mondiale venne invasa dai tedeschi. Fortunatamente non riportò conseguenze troppo gravi, anche se l’isola di Bornholm fu pesantemente bombardata dalle forze sovietiche.

La Danimarca è un Paese marittimo, delimitato a ovest dal Mare del Nord e a est dal Mar Baltico. L’unica parte della Danimarca che è unita all’Europa continentale è la penisola dello Jutland. La superficie del Paese è poi occupata da più di 400 isole.

In questo Paese è ancora in vigore la monarchia, la più antica d’Europa, che può essere fatta risalire a Gam il Vecchio, il quale creò il proprio regno all’inizio del X secolo. Oggi la regina in carica (dal 1972) è Margherita II, la prima regina donna per linea di successione della storia della Danimarca.

Il clima danese è relativamente mite grazie all’azione della Corrente del Golfo. La latitudine in cui si trova è la stessa di Mosca e della Scozia Centrale. A gennaio/febbraio, i mesi più freddi, le temperature si aggirano attorno allo 0°C. L’alta umidità e il tempo nuvoloso fanno però sì che le temperature percepite siano più basse. In estate la media è di 15°C. La pioggia è molto frequente durante tutto l’anno.

Il 90% dei danesi aderisce alla Chiesa popolare danese, la Folkkirken, una chiesa luterana evangelica. Solamente il 5% della popolazione si professa però praticante.

La lingua parlata in Danimarca è il danese, una lingua germanica. L’inglese è molto conosciuto da tutti i livelli della popolazione, il tedesco soprattutto nelle località turistiche.

La moneta della Danimarca è la corona (krone). L’abbreviazione utilizzata in Italia e in gran parte dell’Europa continentale è DKK, in Nord Europa è DKr mentre in Danimarca è kr. La corona è divisa in 100 øre. Le monete sono da 25 e da 50 øre e da 1, 2, 5, 10 e 20 corone. Le banconote si trovano in tagli da 50, 100, 200, 500 e 1000 corone.

Per chiamare in Danimarca dall’Italia è necessario comporre il prefisso internazionale 0045.

venerdì 3 aprile 2009

La cucina ceca


La cucina ceca, come quella slovacca, è saldamente ancorata alle tradizioni mitteleuropee e influenzata dalla lunga appartenenza all’Impero austriaco (la schnitzel, un tipico piatto austriaco fatto di carne fritta, è ad esempio molto popolare). E’ molto rinomata per la carne arrosto. La cucina migliore di tutta la Repubblica Ceca è considerata essere quella della Moravia.

La colazione per i cechi consiste in uno spuntino veloce con caffè, prodotti da forno, marmellata e yogurt. Il pasto principale è il pranzo, consumato spesso a base di piatti di carne e patate. La cena, invece, è una versione più leggera del pranzo.

Tutti i pasti, o quasi, sono accompagnati dagli houskové knedlíky, gnocchetti di pane preparati con farina, latte, lievito e tuorlo d’uovo con aggiunta di pane bianco tagliato a cubetti. Dopo la lievitazione questi cubetti vengono cotti in acqua bollente e tagliati a forma di disco. Un contorno comune sono anche gli zelí, i crauti, che possono essere accompagnati anche da una porzione di cavoli al vapore con cipolle, mele, cumino e sale. Se cucinati in questa maniera restano molto croccanti. Un altro contorno è la brambopový salát, insalata di patate. Le patate vengono bollite e mischiate a cipolle, sedano rapa, carote, yogurt, formaggio, maionese, sottaceti e prosciutto.

Un piatto molto famoso della cucina ceca, ma anche di quella slovacca, è il guláš, il gulasch, lo spezzatino di manzo o di maiale mescolato con cipolle a fette, rosolato con la paprika e poi stufato con brodo e pomodori. Il gulasch più buono è quello che viene preparato tre giorni prima di essere servito, anche se le nuove normative europee non prevedono che si possano servire alimenti caldi cucinati meno di tre ore prima.

Per dessert bisogna provare i palačinky, crêpes con marmellata, cioccolata o frutta.

In Repubblica Ceca si registra il più elevato consumo di birra pro capite al mondo. Questa è una specie di “bevanda nazionale”, molto apprezzata dai turisti per il suo gusto e soprattutto per il suo prezzo economico. Il superalcolico più utilizzato è invece lo slivoviz, un’acquavite di prugne dal sapore forte e deciso.

False friends...in spagnolo!

Falsi amici in inglese, in francese, in tedesco…e anche in spagnolo!

Anche nel caso di questa lingua si tratta di una serie di lemmi che hanno una forma simile a delle parole italiane, ma che ne differiscono completamente nel significato.

Di seguito ne riporto alcuni:
-aceite = olio, non aceto (vinagre);
-alargar = allungare, non allargare (ensanchar);
-biscote = fetta biscottata, non biscotto (galleta);
-burro = asino, non burro (mantequilla);
-cero = zero, non cero (cirio);
-caldo = brodo, non caldo (calor);
-disparo = sparo, non dispari (impar);
-dentera = ansia, non dentiera (placa dental);
-embarazada = incinta, non imbarazzata (avergonzada);
-efectivamente = efficacemente, non effettivamente (en efecto);
-fracaso = insuccesso, non fracasso (estruendo);
-fecha = data, non feccia (hez);
-grato = gradito, non grato (agradecido);
-guarida = rifugio, non guarita (curada);
-habitación = stanza, non abitazione (casa);
-halagar = lusingare, non allagare (inundar);
-lobo = lupo, non lobo (lóbulo);
-lepra = lebbra, non lepre (liebre);
-maleta = valigia, non maglietta (polera);
-mantel = tovaglia, non mantello (capa);
-nudo = nodo, non nudo (desnudo);
-nata = panna, non nata (nacida);
-oficina = ufficio, non officina (taller mecánico);
-oso = orso, non osso (hueso);
-patente = evidente, non patente (licencia);
-patito = anatroccolo, non patito (demacrado);
-rifar = sorteggiare, non rifare (rehacer);
-recorrer = percorrere, non ricorrere (recurrir);
-seta = fungo, non seta (seda);
-sierra = catena montuosa, non serra (invernadero);
-topo = talpa, non topo (rata);
-timo = fregatura, non timo (tomillo);
-viso = atteggiamento, non viso (rostro);
-vaso = bicchiere, non vaso (tiesto).


Top five: Vilnius


Top five: cosa visitare a… Vilnius!

Vilnius, città bizzarra e seducente, è la capitale della Lituania. Ovunque si possono trovare testimonianze di perdite e dolori, dai tragici orrori delle celle di tortura del KGB al ghetto, nel centro cittadino, nel quale la comunità ebraica ha vissuto prima dello sterminio di massa della Seconda Guerra Mondiale. Ma è allo stesso tempo una città allegra, affascinante e aperta al turismo.

Secondo la leggenda Vilnius venne fondata nei primi anni del 1300 quando Gedimino, il granduca di Lituania, vide in sogno un lupo che ululava con la forza di 100 e credette che fosse il segno che dovesse fondare una città possente quanto quell’ululato. In realtà Vilnius venne fondata circa mille anni prima.

Da visitare:
1. la CATTEDRALE DI VILNIUS.
E’ costruita su un sito utilizzato in origine per il culto di Perkūnas, il dio lituano del tuono. E’ uno dei simboli nazionali del Paese. Durante il regime sovietico fu trasformata in una pinacoteca, ma venne riconsacrata nel 1989 e da allora tutti i giorni si celebra la messa. Inizialmente, alla fine del 1300, venne costruita una prima cattedrale in legno; nel XV secolo il granduca Vitoldo volle un edificio più grandioso in stile gotico. Alla fine del 1700 ci fu l’ultimo dei numerosi rimaneggiamenti della Cattedrale di Vilnius. Le statue di Sant’Elena, san Casimio e San Stanislao in cima alla cattedrale sono copie degli originali in legno, distrutti all’epoca di Stalin. Le state sul lato sud raffigurano inoltre i duchi della Lituania mentre quelle a nord apostoli e santi;


2. la PILIESGATVÉ.
E’ la via acciottolata del Castello, il cuore nevralgico dell’attività turistica e principale via d’accesso alla Città Vecchia. La Città Vecchia è il più grande centro storico dell’Europa orientale, ed è stata dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. La Piliesgatvé pullula di artisti di strada, bancarelle di souvenir, taxi a pedali e anche di parecchi mendicanti. Fino al XIX secolo, la strada era separata dalla piazza dalle mura del castello inferiore, che la attraversavano all’estremità nord, e si poteva passare dall’una all’altra parte solo attraverso una porta. L’atto che sancì l’indipendenza della Lituania nel 1918 venne firmato al numero 26 di questa via, nella barocca Casa dei Firmatari;


3. il GRANDE GHETTO.
Il ghetto venne creato il 6 settembre 1941 a sud di Vokiečių Gatvé, ed è rimasto in essere fino alla distruzione di tutti i ghetti ordinati da Himmler nel settembre del 1943. L’unica porta del ghetto principale era posta dove oggi si trova una targa con iscritta la pianta particolareggiata dell’ex ghetto. Nell’ultimo periodo sono in corso i lavori di restauro di tutto il ghetto ebraico; la Grande Sinagoga, della fine del 1800, è già visitabile. Da vedere anche la Biblioteca Strashun e lo Judenrat;


4. la COLLINA DI GEDIMINO.
Questa collina è alta all’incirca 50 metri e fin dal XIII secolo è sormontata da una torre di mattoni rossi. Le mura che la circondano furono danneggiate durante l’occupazione russa ma vennero prontamente restaurate nel 1930 per ospitare il Museo del Castello Superiore. Nel rinascimento sulla collina di Gedimino venne costruito il Palazzo Reale. Al suo interno si trovava un vasto cortile di 10.000 m2 . Il Palazzo visse un periodo di grande splendore durante il XVI secolo, ma verso la fine del 1700, a causa dell’occupazione russa, venne demolito. Attualmente è in fase di ricostruzione, ma entro quest’anno dovrebbe essere riaperto al pubblico;


5. la COLLINA DELLE TRE CROCI.
Tra le colline di Vilnius che meritano una visita, questa si trova nelle prime posizioni. Alla sommità di questa altura si ergono tre croci che furono collocate qui nel XVII secolo per commemorare tre monaci che vennero crocifissi proprio in questo punto. Purtroppo le croci che si vedono oggi non sono più quelle originali, ma delle copie; le originali vennero distrutte dai sovietici dopo la Seconda Guerra Mondiale; in linea con lo spirito del Paese, i lituani hanno voluto lasciare le rovine delle croci distrutte come ricordo storico dell’occupazione straniera.

mercoledì 1 aprile 2009

I Blackfoot


Un'altra tribù degli Indiani d’America è rappresentata dai Blackfoot, conosciuti in Italia anche con il nome di “Piedi Neri”. Loro si definiscono invece il “Popolo Originale”.

Il nome “piedi neri” deriva dal fatto che probabilmente, in passato, i componenti di questa nazione utilizzassero dei mocassini neri.

Erroneamente molti pensano che i Blackfoot fossero un’unica tribù: si tratta invece dell’unione di quattro tribù algonchine alleate tra di loro, che parlavano un unico idioma. Tre di loro vivevano nello stato dell’Alberta (i Sarcee, i Kainai e i Siksika) mentre i Piegan erano stanziati nell’attuale Montana.

Erano un popolo molto bellicoso, che incuteva parecchio timore negli uomini bianchi: ci sono testimonianze di uomini uccisi perché si erano avventurati nei loro territori di caccia. Erano diventati, con il tempo, abili cavallerizzi e abili cacciatori. Erano spesso in lotta con le tribù loro vicine, come i Crow e i Sioux.

L’abitazione tipica era la tenda, detta anche tepee; nonostante vivessero in zone dove c’era una grande abbondanza di bufali, preferivano cacciare i bisonti come la maggior parte degli altri Indiani d’America; questi animali costituivano la loro fonte di sostentamento principale e di cui non buttavano via niente: ogni minima parte dell’animale veniva sfruttata.

La cerimonia tradizionale più conosciuta dei Blackfoot è quella della Danza del Sole. La poligamia era accettata; più un guerriero era ricco, più poteva avere molte mogli.

Oggi il numero di Blackfoot è fortemente diminuito: se ne contano all’incirca 10.000, quasi tutti costretti a vivere in una riserva in Montana.

Lettonia: istruzioni per l'uso


Informazioni sulla Lettonia.

La Lettonia è uno dei Paesi baltici che attira per la sua grande vivacità. Nell’ultimo periodo sta attraversando una fase di transizione, desiderosa di lasciarsi alle spalle l’immagine di ex Paese sovietico. Al di fuori della capitale Rīga, la vita diventa molto meno frenetica e nei villaggi non si vive tanto diversamente di quanto non succedesse qualche centinaio di anni fa.

La Lettonia è un Paese indipendente dal 1991, e oggi è anche membro dell’Unione Europea. L’occupazione sovietica iniziò nel 1939, ma per quattro anni, dal 1941 al 1945 arrivarono i nazisti. In questo periodo la quasi totalità della comunità ebraica lettone venne sterminata. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale l’Unione Sovietica riconquistò la Lettonia e le impose la sua occupazione per 40 anni.

Il popolo lettone può, a prima vista, sembrare freddo e altezzoso. Sicuramente è un popolo riservato, amante della natura e delle tradizioni, che spesso attingono dalla tradizione pagana. Il suo atteggiamento guardingo non è così sorprendente: si deve alla storia di dura e lunga oppressione subìta dal Paese.

I cittadini italiani che vogliono andare in Lettonia per un periodo inferiore ai 90 giorni possono farlo con la sola carta d’identità valida per l’espatrio. Oltre i 90 giorni, invece, è necessario il permesso di soggiorno che viene richiesto all’Ufficio per la Cittadinanza e l’Immigrazione.

Il clima della Lettonia in inverno supera raramente i 4°C; in alcune zone addirittura rimane costantemente sotto lo 0°C da dicembre fino a febbraio. Le giornate invernali sono brevi e con poca luce, ma con l’arrivo dell’estate le temperature si alzano (anche se non salgono quasi mai sopra i 18/20°C) e le giornate si allungano di parecchio, vista la latitudine della Lettonia.

Le banche sono aperte da lunedì a giovedì dalle 9.00 alle 16.00; il venerdì chiudono alle 16.00.
I negozi osservano il seguente orario di apertura: da lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 19.00.
Le posta apre alle 8.00 e chiude alle 19.00 in settimana, mentre il sabato chiude prima, alle 15.00.

La moneta della Lettonia è il Lats (Ls), il cui plurale è lati. I Lati sono divisi in 100 santīmi (il singolare è santīms). Le monete sono da 1, 2, 5, 10, 20 e 50 santīmi e da 1 e 2 lats. Le banconote invece si trovano in tagli da 5, 10, 20, 50, 100 e 5000 lati.

Per chiamare in Lettonia dall’Italia è necessario comporre il prefisso internazionale 00371.

Castelli della Loira: Chambord


Le Château de Chambord.

Il castello più grande tra tutti i Castelli della Loira è il castello di Chambord, simbolo del Rinascimento francese. Sorge lungo il corso del fiume Cosson, un affluente della Loira.

Appena lo si scorge si resta davvero a bocca aperta per le sue enormi dimensioni. Un po’ di numeri: è alto 56 metri, lungo 153 metri e largo 117 metri. Comprende 440 stanze, 84 scale, 365 camini originali, numerosi tetti oltre che a 32 chilometri di cinta. Il castello è disegnato a forma di croce, con il mastio centrale fiancheggiato da quattro torri e circondato da un cortile. Affascinante è anche il tetto, formato da una serie infinita di guglie, di torrette e di pinnacoli dorati.

Nel 1515 al re Luigi XII succedette il re Francesco I, che aveva solamente 21 anni. Nonostante la giovane età voleva costruire un’opera che perpetuasse per sempre il suo ricordo nei posteri, purtroppo però non riuscì a vederlo terminato (i lavori si protrassero dal 1519 al 1537). Il suo stemma, la salamandra, si ritrova molteplici volte in ogni parte della dimora. Il castello venne rinnovato nel suo splendore da due re, Luigi XIII e Luigi XIV che lo resero il gioiello che possiamo ammirare oggi.

Al suo interno è celebre lo scalone a doppia elica, che la tradizione vuole attribuire al genio creativo di Leonardo da Vinci. Si tratta di due rampe a chiocciola che salgono l’una sull’altra fino alle terrazze senza mai incontrarsi. Questo scalone fu disegnato in modo che due persone che salissero e scendessero la scala potessero sempre vedersi, ma mai incontrarsi, se non all’inizio o alla fine.

Molte stanze sono visitabili, tra tutte quella di Francesco I (al primo piano), una delle più grandi, come del resto lo sono quasi tutte quelle degli appartamenti reali. La maggior parte dei mobili che si vedono però non è originale: si tratta di fedeli ricostruzioni per sopperire alla mancanza di ciò che venne perso o distrutto durante il periodo della Rivoluzione Francese.

Al secondo piano si trova il Museo della Caccia e della Natura, dedicato all’arte venatoria, molto cara sia a Francesco I che a molti dei suoi successori.

Nel 1670 a Chambord venne messo in scena per la prima volta il “Borghese gentiluomo” di Molière.

A Chambord non c’è da visitare solamente il castello, anche l’enorme parco merita almeno una passeggiata tra i suoi sentieri tenuti magnificamente, i suoi laghetti e i suoi terreni di caccia. Il parco è chiamato Domaine National de Chambord e comprende ben 5.500 ettari, di cui 4.500 sono interamente coperti da boschi; oltre all’interesse paesaggistico non bisogna tralasciare l’interesse faunistico: al suo interno si trovano numerose specie di animali, tra cui i famosi cinghiali e cervi del castello di Chambord. E’ il parco boschivo recintato più grande d’Europa.

martedì 31 marzo 2009

La cucina olandese


L’Olanda non è un Paese particolarmente rinomato per la sua tradizione gastronomica. In ogni caso, quando si decide di andare a visitarla, provare la sua cucina sostanziosa è d’obbligo. Bisogna dire che gli olandesi, nei tempi passati, non hanno mai dato troppa importanza al cibo: si mangiava per vivere, non si viveva per mangiare. Oggi la tendenza è cambiata, e anche in Olanda si cerca di dare più attenzione all’aspetto enogastronomico.

Il primo pasto della giornata è la colazione: abbondante ma semplice, solitamente con fette di pane con la marmellata, formaggio, uova sode e l’immancabile caffè. Il pranzo è quasi sempre uno spuntino, che viene consumato velocemente e senza troppi fronzoli. Il pasto vero e proprio è la cena, molto sostanziosa.

L’ingrediente principale della cucina olandese è la patata, che viene solitamente servita lessa come contorno a piatti di carne con il sugo. Per dare sapore alle patate, queste vengono condite con salse o conserve.

I piatti tipici più famosi dell’Olanda sono lo stamppot, uno stufato misto formato da purè di patate con cavolo, invidia o crauti, salsicce affumicate oppure carne di maiale. E’ un piatto tipicamente invernale. Per la primavera, invece, da provare sono gli asperge, gli asparagi, che devono essere bianchi e croccanti; vengono serviti con burro e prosciutto. Infine troviamo i mosselen, le cozze, che devono essere servite accompagnate dal vino bianco. Il piatto deve contenere anche porri e cipolle, servite in una casseruola, con contorno di patatine fritte.

Un ingrediente molto usato è l’agnello, a differenza del pesce, che viene pescato in grandi quantità ma che non viene consumato con altrettanta facilità. E’ però uno degli ingredienti più usati per gli spuntini, solitamente di aringa o anguilla affumicata.

Non bisogna dimenticarsi di parlare dei formaggi, alimento per cui l’Olanda è conosciuta a livello internazionale. Il principale è il Gouda, usato anche come spuntino accompagnato dalla senape; ci sono poi l’Edam, asciutto e poco cremoso e il Leidse, delicato e aromatizzato con carvi oppure semi di cumino.

I dessert vedono il tripudio delle torte di frutta e dei gelati. Molto famosa è la appeltaart, la torta di mele. Molto buoni anche i pannenkoeken, i pancake dolci.

La bevanda nazionale dell’Olanda è senza dubbio la birra chiara, che deve essere consumata preferibilmente fresca e con la schiuma. Sempre parlando di bevande, gli olandesi sono i secondi bevitori a livello mondiale di caffè. Attenzione però, per bere il caffè come lo intendiamo noi, chiedere sempre un espresso!

Lo svedese

Oggi si parla della…lingua svedese!

Lo svedese è una lingua di ceppo germanico, appartenente al ramo nordico. Viene parlata in tutta la Svezia e anche in alcune zone della Finlandia. La maggior parte degli Svedesi utilizza l’inglese come seconda lingua, anche perché tra i due idiomi ci sono diverse somiglianze.

Se si cerca di imparare delle frasi di uso corrente, gli Svedesi lo apprezzeranno molto, poiché non sono abituati a sentire gli stranieri parlare la loro lingua, anche perché ha dei suoni che non esistono nelle altre lingue. Dopo un periodo di permanenza in Svezia, però, sarà possibile iniziare a capire qualcosa di questa lingua così bella!

Cinque dei nove principali dialetti sami, una minoranza svedese, sono considerati lingue ufficiali.

I verbi sono uguali per tutte le persone, quindi ad esempio il verbo essere si declinerà in questo modo: io sono = jag är; tu sei = du är; eccetera… Anche l’articolo determinativo rimane sempre invariato. In singolare e il plurale sono determinati dalla desinenza del sostantivo.

Le vocali sono lunghe, tranne quando sono seguite da consonanti doppie, in quel caso diventano brevi. Oltre alle nostre cinque vocali, “a”, “e”, “i”, “o” e “u”, che vengono pronunciate come in italiano, lo svedese ha i seguenti suoni vocalici:
-ä = si pronuncia come una “e” molto aperta;
-ö = si pronuncia mettendo le labbra come per dire “o” e invece dicendo “e”;
-y = si pronuncia mettendo le labbra come per dire “u” e invece dicendo “i”.

Per quanto riguarda le consonanti, invece, la maggior parte si pronuncia in modo simile alle consonanti italiane. Le eccezioni sono le seguenti:
-c = come in sole;
-ck = come in bocca;
-tj e rs = come in sci;
-ch = come il suono “ch” tedesco;
-g = come in gola, ma a volte viene pronunciata anche come in palio.

Pillole di svedese:
-salve: HEJ;
-arrivederci: HEJ DÅ;
-sì: JA;
-no: NEJ;
-per favore: SNÄLLA;
-grazie: TACK;
-prego: VARSAGOD;
-mi chiamo Laura: JAG HETER LAURA;
-aiuto!: HJÄLP!

Estonia: istruzioni per l'uso


Informazioni sull’…Estonia!

L’Estonia, Eesti, è il più piccolo dei Paesi baltici. E’ una meta rinomata per i suoi castelli, le sue isole e la sua capitale cosmopolita. Le più antiche testimonianze della presenza umana in Estonia risalgono a 10.000 anni fa.

Nel corso della Storia venne invasa dai danesi e dai tedeschi su invito del Papa attorno al 1200, che voleva una crociata contro i pagani del nord: lo scopo era evangelizzare e battezzare gli abitanti del luogo. Fu infatti solamente nel XV secolo che in Estonia i riti pagani lasciarono definitivamente posto a quelli cattolici. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu sotto il controllo dei nazisti; nel primo dopoguerra fu annessa all’Unione Sovietica. Questi furono anni di dura repressione, che scatenarono un ampio movimento di resistenza.

L’Estonia raggiunse l’indipendenza solamente nel 1991. Oggi incarna il miracolo economico della regione baltica ed è membro sia dell’Unione Europea che della Nato.

Gli estoni sono un popolo con un forte spirito di identità nazionale, nonostante secoli di occupazione danese, svedese, tedesca e russa. Sono legati alla propria storia, alla propria cultura e alle proprie tradizioni, soprattutto per quanto riguarda i canti nazionali. Gli estoni sono generalmente distaccati e riservati, ma nonostante questo noti per il loro senso dell’umorismo e buonumore. Sono indubbiamente dei grandi lavoratori, che nei weekend amano rifugiarsi nei cottage di famiglia in campagna a vivere a contatto con la natura.

Per un soggiorno in Estonia fino a un massimo di 90 giorni i cittadini italiani necessitano solamente della carta d’identità valida per l’espatrio. Per un periodo maggiore ai 90 giorni è necessario invece il permesso di soggiorno che viene emanato dal Dipartimento per la Cittadinanza e l’Immigrazione.

Il clima in Estonia è temperato, ma tendente al fresco e all’umido; diventa continentale nelle zone dell’interno. In estate le giornate estive sono lunghe, con addirittura 19 ore di luce. Le precipitazioni sono abbondanti nei mesi da luglio a settembre.

La religione dell’Estonia è quella luterana dall’inizio del XVII secolo, ma nell’ultimo periodo si è assistito alla nascita e all’affermazione di numerose sette, tra cui i Testimoni di Geova, gli Avventisti del Settimo Giorno e i mormoni. La comunità russa è prevalentemente ortodossa.

La moneta dell’Estonia è il Kroon, la cui abbreviazione è Kr. Una kroon è suddivisa in 100 senti (i nostri centesimi). Le monete sono da 5, 10, 20 e 50 senti e da 1 e 5 kroon. Le banconote si presentano in tagli da 2, 5, 10, 25, 50, 100 e 500 kroon. Il Paese avrebbe dovuto adottare l’Euro già nel 2007, ma la data è stata posticipata per ora al 2010.

Le banche sono aperte dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 16.00.
I negozi da lunedì a venerdì osservano l’orario di apertura 9.00 – 18.00, mentre il sabato chiudono alle 15.00.
I ristoranti restano aperti dalle 12.00 alle 23.00.
Le poste, infine, aprono alle 9.00 e chiudono alle 18.00 da lunedì a venerdì, il sabato chiudono alle 15.00.

Per chiamare in Estonia dall’Italia è necessario comporre il prefisso internazionale 00372. Per effettuare una chiamata a carico del destinatario dalla Lettonia comporre invece il numero 16116.

lunedì 30 marzo 2009

Indiani d'America: Apache


Con il nome Indiani d’America si intendono diverse tribù: oggi parliamo degli Apache, uno dei popoli più famosi.

Il nome Apache, tradotto, significa “nemico”. Personalmente, loro si definiscono con delle parole che vogliono dire “Uomini”. Della nazione Apache facevano parte sei sottogruppi: i Lipan, i Mescalero, i Chiricahua, i Kiowa, i Jicarilla e gli Apache occidentali.

In passato gli Apache erano un popolo nomade. Per vivere si dedicavano alla caccia e alla raccolta, mentre solo in un secondo momento iniziarono a praticare anche l’agricoltura. Per cacciare utilizzavano l’arco, poi con l’arrivo dei “bianchi” cominciarono ad usare anche i fucili. La preda preferita, poiché costituiva la loro fonte principale di sostentamento, era il bisonte.

L’abitazione tipo era il wickiups, delle piccole capanne circolari, costruite dalle donne, fatte di frasche con un tetto formato da rami intrecciati. Alla sommità veniva lasciato un piccolo buco per permettere la fuoriuscita del fumo. Nel periodo di nomadismo, una volta che gli Apache si trasferivano, l’accampamento veniva bruciato.

I vestiti degli Apache consistevano in tuniche o gonnellini di pelle di animali, i capelli erano sempre tenuti lunghi e sciolti o al massimo legati con una bandana intorno alla testa. Una particolarità per un popolo nomade: utilizzavano le scarpe, in particolar modo dei mocassini alti, che li proteggevano in un ambiente non propriamente ospitale.

Una delle grandi paure degli Apache è sempre stata quella dei cadaveri: la morte era un passaggio della vita molto sentito e anche molto tenuto, per questo i seppellimenti (in cavità naturali oppure in buche scavate nel terreno) venivano effettuati al più presto e rigorosamente di giorno. Il morto veniva seppellito sempre con tutti i suoi effetti personali vicino, perché c’era la convinzione che gli potessero servire in una vita nell’aldilà. Gli Apache adoravano diversi dèi, tra tutti ricordiamo gli spiriti protettivi delle montagne, chiamati ga’ns.

Alcune tribù apache praticavano la poligamia, ma questo non è ritenuto essere uno dei loro tratti caratteristici fondamentali; il matrimonio non era un legame particolarmente sacro, e questo è testimoniato dal fatto che potesse essere facilmente sciolto non solo dall’uomo, ma anche dalla donna.

A causa delle incursioni degli spagnoli, molti Apache furono costretti ad abbandonare le loro terre; il conflitto con i coloni durò per molti anni e fu particolarmente aspro. I nativi persero e furono costretti a trasferirsi nelle riserve. Oggi il numero di questo popolo è drasticamente diminuito a causa delle condizioni di vita delle riserve e della povertà che li affligge.

La Tana del Lupo & Mauerwald


Uno dei siti storici più lugubri di tutta la Polonia è la cosiddetta Tana del Lupo, un rifugio nazista nascosto dove la foresta è più fitta.

La Tana del Lupo, in tedesco Wolfsschanze, è un complesso di enormi bunker in cemento che nel corso degli anni sono andati in parte distrutti e in parte coperti dalla vegetazioni. Si estende su una superficie complessiva di 18 ettari.

E’ stato il principale quartier generale di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale. Il luogo venne scelto appositamente lontano dalle città e dalle vie di trasporto più importanti, per evitare che venisse scoperto. In totale vennero costruiti 80 edifici, tra cui 7 resistentissimi bunker per i gerarchi più importanti, tra cui Bormann, Göring e Hitler stesso.

Le pareti e i soffitti arrivavano fino agli 8 metri di spessore. Il complesso era circondato da numerose barriere di filo spinato, postazioni d’artiglieria e un campo minato all’avanguardia. A 5 km venne creato anche un aeroporto; una pista d’emergenza venne creata anche all’interno della zona fortificata. La Tana del Lupo era nascosta alla vista dalla fitta rete di alberi e da altre piante, oltre ad un ulteriore mimetizzazione creata con mascherature artificiali.

Hitler arrivò alla Tana del Lupo il 16 giugno 1941 e vi rimase fino al 20 novembre 1944. La lasciò solamente per compiere dei brevi viaggi. Gli Alleati scoprirono il sito solamente nel 1945.

Il bunker preferito dai visitatori è il n°6; il n°16 è però quello in condizioni migliori.

Il più noto esempio di presenza nazista in Masuria è quindi la Tana del Lupo, ma esiste anche un secondo complesso di bunker, meno conosciuto ma egualmente interessante, chiamato Mauerwald. Fu costruito 18 km a nord-est del quartier generale segreto di Hitler.

Mauerwald era composto da 30 bunker e da altri edifici che gli vennero annessi; tutti furono occupati dal 1941 al 1944 e ospitarono un certo numero di comandanti nazisti di alto rango, tra i quali figurarono il feldmaresciallo Paulus, il colonnello Von Stauffenberg e il generale Guderian.

I bunker sono oggi in ottime condizioni e variano da piccoli capanni a solidi blocchi a due piani, con pareti spesse fino a 7 metri. Il più grande è il bunker n°6, che presenta anche una torre in legno sopra al tetto, da cui si può osservare parte del complesso circostante. Diversamente da quanto accade nella Tana del Lupo, a Mauerwald si può entrare in quasi tutti i bunker, che sono molto umidi e oscuri. Si consiglia di portarsi una torcia per poterli visitare al meglio.

Castelli della Loira: Châteaudun


Oggi inizia un viaggio in Francia, alla scoperta dei più bei Châteaux de la Loire, ossia i Castelli della Loira.

Le Château de Châteaudun.

Châteaudun è un paesino che signoreggia sulla valle della Loira; prima fu insediamento celtico e poi un castrum romano, dal X secolo fu dominio dei conti di Blois.

Il castello di Châteaudun he avuto una storia travagliata: venne infatti di strutto da ben due incendi e passò di mano in mano diverse volte: dopo essere stato proprietà dei conti di Blois, nel 1391 venne ceduto a Luigi d’Orléans, e per successione andò a Carlo di Orléans. Infine, arrivò ad essere il castello di Giovanni di Dunois, conosciuto come il Bastardo di Orléans.

Giovanni di Dunois, dopo una giovinezza passata a combattere l’occupante inglese e a partecipare a tutte le maggiori imprese della Pulzella d’Orléans, decise di ritirasi nei suoi possedimenti di Châteaudun dove si dedicò alla trasformazione del castello, ma il suo lavoro venne purtroppo reso vano dall’incendio che si sviluppò nel 1723. Successivamente il castello venne colpito dal fuoco un’altra volta, nel 1870.

In origine questo castello era un’impenetrabile fortezza medievale e una suntuosa dimora feudale del XII secolo. La struttura portante del donjon, il mastio del castello, è costituita da travi in legno a ginocchio e fu aggiunta nel ‘400. Oggi ne resta solamente il torrione circolare.

Si accede al castello attraverso il cortile d’onore, dominato dal possente donjon, racchiuso dalle due ali del castello: l’aile Longueville e l’aile Dunois. Le finestre affacciate sul cortile d’onore del castello hanno dei trafori tardo-gotici molto elaborati. Da visitare anche la Sala delle udienze, che venne interamente ridecorata nel XVII secolo in onore di una visita del Re Sole. In questa stessa stanza, qualche anno dopo, nel 1793, fu istituita la sede del tribunale rivoluzionario.

Accanto al mastio è incastonata la Sainte-Chapelle (1451 – 1494), costruita in stile gotico fiammeggiante.

domenica 29 marzo 2009

Top five: Mosca


Top five: cosa vedere a…Mosca!

Mosca era in passato la capitale del principato di Moscovia, ma nel 1326 divenne anche la capitale della Russia. Pietro il Grande spostò però la capitale a San Pietroburgo, ma con il periodo della Rivoluzione Mosca riuscì a riacquisire questo titolo.

E’ una città molto più asiatica di San Pietroburgo, l’altro grande centro della Russia, che invece ha un carattere più europeo. E’ il cuore del Paese, il centro dei grandi percorsi commerciali nonché la sede del patriarca della Chiesa ortodossa.

Da visitare:
1. la PIAZZA ROSSA.
Красная Площадь. E’ il simbolo della Russia, il luogo dove storicamente il potere comunica al mondo i suoi messaggi. Dal 1990 è Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. E’ una delle piazze più famose e più vaste del mondo: misura 695 metri di lunghezza e 130 di larghezza, occupando una superficie complessiva di quasi 75.000 m2. Venne aperta alla fine del XV secolo. Il termine “Красная” in russo antico voleva dire “bella”, solamente nel russo moderno ha assunto il significato di “rossa”. A Ovest la Piazza Rossa è chiusa dalla muraglia merlata del Cremlino, davanti al quale si erge il mausoleo di Lenin; a Nord si trova il Museo storico; a Est i magazzini GUM e infine a Sud si scaglia il profilo della cattedrale di San Basilio;


2. la CATTEDRALE DI SAN BASILIO.
Храм Василия Блаженного. E’ l’edificio immagine dell’arte russa, formato da nove chiese collegate fra di loro. L’attuale struttura venne ultimata nel 1561 dai costruttori Barma e Postnik. Il vero nome dell’edificio sarebbe “cattedrale dell’Intercessione”, ma è da sempre conosciuto come cattedrale di San Basilio perché contiene la cappella funeraria con le spoglie di Basilio, uomo santo e bizzarro allo stesso tempo, in stretto contatto con Dio e dai poteri profetici. La cattedrale di San Basilio è l’emblema della fusione di stili architettonici e di culture: lo stile predominante è quello rinascimentale, ma le nove cappelle sono di chiara matrice bizantina;


3. il CREMLINO.
Кремль. Il Cremlino è la cittadella fortificata posta su una scarpata rocciosa alta 40 metri sulla Moscova, il fiume che lambisce Mosca. E’ chiuso da un triangolo perfetto di mura merlate, lunghe due chilometri, con ben 20 torri. E’ il santuario del potere politico russo. E’ possibile visitarne l’interno dalle 10 alle 17 tutti i giorni eccetto il giovedì. Fino al 1955 il Cremlino era precluso ai visitatori e aperto solamente alle persone autorizzate. Venne reso accessibile senza formalità a tutti nel 1958. All’interno occorre non oltrepassare le linee bianche segnate a terra o i limiti indicati dai militari di guardia;


4. il GRANDE TEATRO.
Большой Театр. Il Grande Teatro di Mosca fu costruito negli anni dal 1821 al 1824; venne distrutto da un incendio nel 1853 e venne ricostruito nel 1856. La facciata solenne con pronao classico e il frontone sormontato dalla quadriga di Apollo in bronzo, opera di Klodt, è veramente da ammirare. Il Grande Teatro è stato soggetto ad una lunga chiusura per un radicale restauro che vorrebbe riportarlo ai massimi splendori, come al momento dell’apertura. In epoca sovietica era un santuario della musica sinfonica, del balletto e della lirica russi, poi negli anni ’70 attraversò un momento di crisi dovuto alla fuga delle sue étoiles all’estero. Un’altra crisi si ebbe negli anni ’90 per l’ascesa del Mariinskij di San Pietroburgo. Oggi il Grande Teatro è una tappa obbligatoria durante una visita a Mosca;


5. il MAUSOLEO DI V. I. LENIN.
Мавзолей В. И. Ленина. Dopo la morte di Lenin venne fatto erigere un mausoleo in legno in suo onore che venne poi ricostruito l’anno dopo. Nel 1929-1930 venne eretto l’attuale mausoleo in granito rosso d’Ucraina. La sua forma è quella di una piramide quadrata tronca ad alti gradoni. Sull’architrave è inciso il nome Lenin in caratteri cirillici. Nel 1953 venne trasportata nel Mausoleo anche la salma imbalsamata di Stalin, che venne in un primo momento collocata di fianco a quella di Lenin. Successivamente fu però spostata e inumata sotto le mura del Cremlino. Il Mausoleo di Lenin si può visitare dalle 10 alle 13 tutti i giorni, tranne il lunedì. I giorni di chiusura fissati comprendono anche le date di nascita (22 aprile) e di morte (21 gennaio) dello statista. E’ assolutamente vietato entrare all’interno dell’edificio con macchine fotografiche e borse.

Gli Igbo


Gli Igbo sono un gruppo etnico dell’Africa abbastanza esteso; vive principalmente in Nigeria, ma anche in alcune zone della Guinea e del Camerun. Il nome Igbo viene spesso detto Ibo dagli europei per una pronuncia più facilitata.

In passato si può affermare che gli Igbo fossero una civiltà parecchio sviluppata: non esisteva un re o un capo che li governava, ma un’assemblea di persone elette dal popolo stesso (una specie di democrazia tribale strutturata); avevano sviluppato ben due sistemi matematici ed utilizzavano un calendario che complessivamente contava 365 giorni.

La loro cultura iniziò ad “occidentalizzarsi” quando l’Impero Britannico prese possesso delle loro terre: la religione cambiò e diventò quella cristiana e i modelli culturali dell’Occidente iniziarono a penetrare nella cultura Igbo tradizionale.

La storia di questo popolo fu particolarmente dura nella seconda parte del 1900, quando una parte degli Igbo decise di riunirsi nella Repubblica del Biafra. Questo scatenò una violenta e sanguinaria guerra civile che provocò la morte di centinaia di indigeni. La guerra si concluse nel 1970, con la sconfitta degli indigeni.

Gli uomini sono tradizionalmente poligami, mentre le donne devono essere sempre fedeli al proprio marito. Secondo la tradizione igbo esistono due tipi di anima: uno spirito eterno superiore a tutto e una forza vitale che cessa di esistere alla morte del corpo. Il dio supremo dell’antica religione si chiama Chukwu, che tradotto significa “grande spirito”.

La lingua parlata da questo popolo è l’igbo. Prima dell’arrivo degli europei i dialetti che venivano parlati erano numerosi e quasi incomprensibili. Molto utilizzati sono i proverbi e le metafore.

La musica è una parte molto importante della cultura degli Igbo; un tamburo spesso utilizzato è l’Udu, solitamente realizzato in argilla, suonato dalle donne durante i riti e le cerimonie tradizionali.

Un libro ambientato in Nigeria parla proprio di questo popolo: Things Fall Apart dello scrittore Chinua Achebe.

Contea di Nordland: Ofoten


Quinta e ultima tappa attraverso il Nordland norvegese: questa volta tocca a Ofoten.

Da visitare sicuramente la montagna di Narvik, che rappresenta un’attrazione in sé. E’ una delle più belle piste alpine della Norvegia, dove si può scendere dalla vetta fino al fiordo. D’estate è una zona ideale per chi ama la mountain bike.
Alla base della Narvik di oggi si trovano il ferro e l’attività mineraria. Il Museo Ofoten racconta la commovente storia della costruzione della ferrovia. Un viaggio su questa ferrovia di è un incredibile viaggio nella natura selvaggia, in una zona montuosa meravigliosa. Si possono visitare anche i rallar, il percorso dei manovali che sono stati adoperati per far nascere questa ferrovia; nel periodo di attività più intensa erano 5.000 gli uomini addetti alla sua costruzione, che venne portata a termine nel 1902.
A Narvik si trova anche la più spericolata palestra per arrampicarsi al coperto: tredici metri di altezza e spazio per ventiquattro cordate contemporaneamente.

A Ballangen c’è il fiordo di Efjorden, da molti ritenuto il più bel fiordo di tutta la Norvegia. Un vista meravigliosa e ci si può anche pescare!
A Vallebukta, invece, ci sono incisioni rupestri vecchie di 9.000 anni, tra le più antiche in Norvegia.

A Ofotjorden si possono fare immersioni ai relitti della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1940, nei primi giorni di guerra, sono stati abbattuti più di cinquanta aerei e sono state affondate quarantasei navi. Al Museo dei Ricordi di Guerra ci si può fare un’idea del periodo drammatico della storia norvegese recente.

Lingua estone

L’estone è fa parte del gruppo balto-finnico delle lingue ugro-finniche e per questo motivo è strettamente affine al finlandese. La sua grammatica è particolarmente difficile: ci sono 14 casi, gli aggettivi sono declinabili e manca completamente la forma del tempo futuro. In più, il lessico è privo di legami con altri idiomi al di fuori del proprio gruppo linguistico.

All’inizio del ‘900 venne attuata una riforma completa e radicale della lingua estone da parte di Johannes Aavik. Il processo di ampliamento del vocabolario è in corso ancora oggi, con l’invenzione di nuovi termini estoni per adeguare la lingua alle moderne esigenze.

La maggior parte degli estoni capisce un po’ di finlandese e un po’ di inglese, ma è molto apprezzato il tentativo di dire qualche parola nella loro lingua madre.

Un particolarità: l’estone vanta la parola con il maggior numero di ripetizioni consecutive di una stessa vocale: äääär, che significa “bordo del ghiaccio”.

Rispetto all’italiano nella lingua estone mancano le lettere “q”, “w” e “x” ma in più ci sono “š”, “ž”, “õ”, “ä”, “ö” e “ü”. L’accento cade sempre sulla prima sillaba.

Le regole di pronuncia dell’estone differenti dall’italiano sono le seguenti:
-aa: “a” lunga;
-ae: come gaie;
-e: “e” aperta, come letto;
-ee: “e” lunga;
-ii: “i” lunga;
-o: “o” aperta, come volta;
-uu: “u” lunga;
-õ: come in inglese girl;
-õi: come in inglese curly;
-ä: “a” aperta;
-äe: come aereo;
-ää: “a” molto lunga e molto aperta;
-ö: come in inglese nurse;
öö: come sopra, ma più lunga;
-c: come lenza;
-g: come gatto;
-j: come ieri;
-k: più leggera rispetto all’inglese;
-š: come sciare;
-ž: come in francese jambe.

Per quando ci si rivolge a stranieri o a persone appena conosciute bisogna usare il formale te e teie, mentre sa e sina sono riservati solo a bambini, familiari e amici stretti.

Pillole di estone:
-ciao: TERE;
-arrivederci: HEAD AEGA;
-sì: JAH;
-no: EI;
-grazie: TÄNAN;
-prego: PALUN;
-mi chiamo Laura: MINU NIMI ON LAURA;
-aiuto!: APPI!

Repubblica Ceca: istruzioni per l'uso


Informazioni sulla Repubblica Ceca.

La Repubblica Ceca viene spesso associata nei discorsi alla Slovacchia. Questo risulta però essere un errore, poiché i due Paesi sono stati uniti per un totale di soli 88 anni.

La Repubblica Ceca è posta esattamente al centro dell’Europa; per secoli fu sotto il controllo del Sacro Romano Impero, successivamente venne invasa dagli Asburgo, dai nazisti e infine dai sovietici.

I cechi sono un popolo cosmopolita e aperto alle idee nuove. Un detto popolare li contrappone agli slovacchi, che sono invece visti come provinciali e legati alle tradizioni. A prima vista i cechi possono sembrare un po’ scontrosi, ma poi si rivelano essere cordiali e generosi.

La struttura sociale predominante in Repubblica Ceca è ancora oggi la famiglia. Il lavoro inizia molto presto, anche prima delle 7, e finisce altrettanto presto, verso le 16, 16.30. La pausa del mezzogiorno è parecchio lunga.

Il Paese è formato dalle regioni della Boemia a ovest e della Moravia a est. La Boemia è situata su un altopiano attraversato dalla Vltava, la Moldava; la Moravia invece è costituita da un territorio prevalentemente pianeggiante, attraversato dalla Morava.

Buona parte della Repubblica Ceca è interessata da un clima continentale umido: le estati sono calde e piovose e gli inverni rigidi e nevosi. In primavera e in autunno sono frequenti acquazzoni improvvisi. Le temperature in inverno scendono solitamente al di sotto dello 0°C, mentre in estate salgono di poco al di sopra dei 20°C.

La valuta della Repubblica Ceca è la Koruna česká, la Corona ceca. (Viene abbreviata in Kč.) Si divide in 100 heller. Le banconote sono presenti in tagli da 20, 50, 100, 200, 500, 1000 e 5000 corone. Gli Euro e i Dollari sono le monete straniere più accettate.

Le banche e le poste sono aperte da lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 16.30.
I negozi aprono dalle 9.00 alle 17.00 nei giorni da lunedì a venerdì, mentre il sabato chiudono alle 12.00.
I ristoranti aprono alle 10.30 e chiudono attorno alle 22.30.

Per chiamare in Repubblica Ceca dall’Italia è necessario comporre il prefisso internazionale 00420.

Top ten: Parigi (part 2)


Parigi: seconda parte!

Ecco gli ultimi cinque monumenti della top ten da visitare nella capitale della Francia:
6. NOTRE DAME.
E’ la cattedrale cattolica di Nostra Signora (dedicata alla Madonna) situata nell’Île de la Cité. E’ una delle costruzioni gotiche più celebri al mondo. La costruzione della cattedrale iniziò sotto il regno di Luigi VII, nel 1163, e venne conclusa nel 1345.. Ha una pianta rettangolare; all’interno sono presenti numerose cappelle laterali, cinque navate e un doppio deambulatorio nella zona dell’abside. E’ lunga 128 metri, larga 48 meri e alta, fino alla guglia, 96 metri. Notre Dame è stata resa ancora più celebre dal libro “Notre Dame de Paris” del grande scrittore francese Victor Hugo. Personalmente, tra le centinaia di cose che meritano l’attenzione in questa chiesa, quelle che mi hanno colpito di più sono il Portale della Vergine, dedicato interamente alla Vergine Maria, le torri della cattedrale (la salita è a pagamento, ma il panorama che si vede da lassù vale il prezzo del biglietto), il rosone gotico della facciata e i 23 bassorilievi raffiguranti la vita di Cristo.
Notre Dame fu un luogo importante anche dal punto di vista storico: qui venne incoronato il re d’Inghilterra Enrico VI, qui venne fatto il processo a Giovanna d’Arco e qui venne incoronato Napoleone I Bonaparte;


7. BASILIQUE DU SACRÉ CŒUR.
La Basilica del Sacro Cuore domina la città di Parigi dall’alto di Montmartre, uno dei quartieri più belli e più amati di Parigi. Venne fatta costruire dopo la sconfitta del 1870 nella guerra contro i prussiani e dopo l’esperienza della Comune di Parigi. La forma dell’edificio è quella di una croce greca. Lo stile principale della basilica è il romanico - bizantino. Il colore bianco delle sue quattro cupole è dovuto alla pietra calcarea che non trattiene la polvere e lo smog, e ne mantiene il colore, e le rende visibili fino a chilometri di distanza. E’ un luogo di pellegrinaggio molto sentito, che vede fedeli alternarsi giorno e notte davanti al suo altare;


8. PLACE DE LA CONCORDE.
La piazza della Concordia, situata al termine degli Champs-Élysées, all’intersezione fra il Louvre e l’Arco di Trionfo, è la più grande di tutta Parigi e una delle più belle del mondo. Venne creata dall’architetto Jacques Gabriel. Il Governo francese la scelse come luogo dove porre la statua equestre di Luigi XV; per questo motivo venne chiamata inizialmente Place Louis XV. Nel periodo della Rivoluzione francese la statua del sovrano fu abbattuta, la piazza cambiò nome in Place de la Révolution e vi fu eretta la ghigliottina, che attirò sempre folle immense per assistere alle decapitazioni. Molte furono le personalità importanti della Storia francese che vennero ghigliottinate in questo luogo: tra tutti Marie Antoinette, Danton, Robespierre e anche il re Luigi XVI. Al termine della Rivoluzione i francesi vollero cambiarle nuovamente nome e finalmente diventò Place de la Concorde. Nel mezzo del quadrato della piazza si trova un obelisco di più di 3000 anni e alto più di venti metri che arriva dalle rovine del tempio di Luxor;


9. LOUVRE.
Il Louvre è sicuramente uno dei più celebri musei di tutto il mondo, sia per la sua storia, che per la sua architettura ma soprattutto per le opere d’arte che contiene: per citarne alcune, la Gioconda e la Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci, la Libertà che guida il popolo di Delacroix oltre che ad opere di Rembrandt, Jacques-Louis David, Caravaggio e Raffaello. Il nome “Louvre” potrebbe derivare da “L'Œuvre”, che in francese significa “il capolavoro”, perché era il palazzo più grande di Parigi. Prima di essere un museo il Louvre era la residenza dei re francesi. Nell’immaginario collettivo il Louvre si identifica con la Piramide di vetro, che di notte diventa particolarmente suggestiva;


10. JARDINS DE TUILERIES.I Giardini di Tuileries vennero creati nel 1600 da André le Notre su volontà di Caterina de’ Medici, che voleva un tocco di Rinascimento nella capitale francese. Gli aristocratici del tempo amavano passeggiarvi per trascorrere il tempo; oggi sono una meta imperdibile di Parigi, dove si può decidere di rilassarsi davanti allo stagno oppure divertirsi andando al Luna Park. Si trovano tra la Place du Carrousel e Place de la Concorde, comprendono due vasti settori attraversati da un viale centrale fiancheggiato da aiuole e da sculture, su una superficie enorme.

sabato 28 marzo 2009

Folklore in Lettonia


La cultura lettone è intrisa di folclore; la maggior parte degli usi e dei costumi dei lettoni risalgono o sono legati all’epoca e alle usanze pagane.

La Festa di Mezza Estate, o Jāņi, è sempre stata una festa importante in Lettonia. Nell’epoca pagana, narrano le leggende, era la notte della magia e della stregoneria, durante la quale le streghe giravano nude in libertà ad ammaliare umani, animali e piante. Oggi è l’evento più importante della Lettonia, e i festeggiamenti iniziano il 23 giugno. Secondo quanto vuole la tradizione, la gente si riversa nelle campagne per celebrare questa notte così particolare a stretto contatto con la natura. Per l’occasione vengono preparate birre speciali, formaggi e torte. Per propiziare la buona sorte e per proteggere le famiglie dagli spiriti maligni, intorno alle case vengono appese erbe e fiori, e sia uomini che donne si adornano con delle ghirlande. Nessuno può andare a dormire prima di aver visto un tramonto e una nuova alba, altrimenti la sfortuna lo perseguiterà per un intero anno. Per rimanere svegli e non cedere al sonno i rimedi escogitati dai lettoni sono parecchi: ci si riunisce attorno a grandi falò, si intonano canti popolari, si mangia e si beve e si balla.

Altre credenze della Lettonia riguardano i bambini: ogni volta che nasce un bambino appare nel cielo una nuova stella che gli rimarrà legata per tutta la vita. Alla morte della persona la stella cade sulla terra, a simboleggiare la scomparsa della sua anima per sempre. Sempre per quanto riguarda i bambini, quelli nati in una giornata soleggiata sono considerati più fortunati di quelli nati in una giornata nuvola o di pioggia.

Le cicogne sono il simbolo nazionale, e si dice che portino molta fortuna, specialmente se decidono di nidificare nei pressi di una casa.

Anche per i defunti ci sono delle credenze: se vi recate in un cimitero della Lettonia noterete che le stradine di sabbia intorno alle tombe non presentano impronte, perché sono meticolosamente rastrellate. Si crede infatti che lo spirito del defunto segua fino a casa chi va a fargli visita, se le sue impronte non vengono prontamente cancellate.

Il greco


La lingua greca, o ellenica, è la lingua parlata dalle popolazioni greche; la sua storia dura da 3500 anni, anche se nel corso del tempo ha subìto molte variazioni, ed è la più lunga tra quella delle lingue europee. La fase del greco moderno è fissata dal XVI secolo fino ai giorni nostri. Appartiene alle lingue centum.


Il greco moderno si compone di due varianti linguistiche: la Katharévousa, la lingua dotta ricalcata sul dialetto classico, e la dumotikì, la lingua comune popolare. Quest’ultima nacque alla fine dell’Ottocento da studiosi e scrittori greci che promossero una sistematizzazione della lingua popolare a scopo didattico ed educativo. E’ questa, dal 1975, la lingua ufficiale della Grecia.


La grammatica è molto più semplice rispetto al greco antico. La costruzione della frase segue lo schema soggetto – verbo - oggetto come in italiano. Ci sono tre generi: il maschile, il femminile e il neutro. Ogni sostantivo va declinato a seconda del caso e del numero. Gli articoli sono obbligatori come in italiano.


I nomi delle lettere dell’alfabeto greco sono i seguenti: alfa, beta, gamma, delta, epsilon, zeta, eta, theta, jota, cappa, lambda, mi, ni, csi, omicron, pi, rho, sigma, tau, upsilon, fi, psi e omega.

Contea di Nordland: Vesterålen

La quarta tappa alla scoperta della regione del Nordland norvegese tocca le Vesterålen.

In queste isole sono state scoperte tracce di attività umane che risalgono a ben 8.000 anni fa.

Gli amanti degli animali potranno vedere alle Vesterålen i capodogli sparire nelle profondità del mare, uccelli molto rari come la pittima reale, che nidifica soltanto a Andøya, oltre che la procellaria artica e la sula, due specie rarissime che si trovano nella parte occidentale delle isole. Più comuni, ma comunque affascinanti, le gazze marine, le urie, i cormorani, le pulcinelle di mare, i cigni e gli aironi cinerini. Ogni anno, inoltre, arrivano alle Vesterålen enormi migrazioni di oche selvatiche.

A Sortland ci si immerge nel “Progetto blå by”, il “Progetto città blu”: strada dopo strada e casa dopo casa tutto è dipinto completamente di blu. E sui muri si trovano brevi poesie di Christensen.

Da Stø partono ogni giorno i safari alla balena. A Litløy esiste invece un centro culturale in mezzo al mare. Qui ci devono essere stati insediamenti umani fin dall’Età del Ferro. Negli anni ’50 ci abitavano solamente i guardiani del faro; oggi ci sono rimaste le aquile di mare. E’ un luogo incontaminato e a contatto con la natura più selvaggia.

Il Vesterålen reseliv è l’ufficio turistico delle Vesterålen, dove è possibile recuperare informazioni sui 6 comuni della regione: Hadsel, Sortland, Andø, Bø, Lødingen e Øksnes.

venerdì 27 marzo 2009

Il Parco Nazionale del Triglav

La vetta simbolo della Slovenia è il Triglav (in italiano Tricorno), la montagna più alta del Paese. Si raggiunge entrando in Slovenia dal valico di Casa Rossa a Gorizia, e prendendo la statale 103 verso Tolmin, e poi la 102 verso Bovec.

Secondo quanto afferma la leggenda, ogni sloveno che si rispetti deve salire sulla vetta del Triglav almeno una volta nella vita. Nel farlo bisogna però stare attenti, soprattutto nell’ultimo tratto: è qui infatti che si trova uno dei principali pericoli per gli scalatori che puntano alla cima del monte. Generalmente dalla fine di ottobre all’inizio di giugno è inaccessibile. I mesi di giugno e luglio sono comunque molto piovosi (a volte capitano anche delle precipitazioni di carattere nevoso), quindi il periodo migliore per visitarlo è nei mesi da agosto a ottobre.

Il Triglav è l’unico parco nazionale del Paese, con 83.800 ettari di superficie (copre quasi il 4% del territorio nazionale); raccoglie gran parte delle Alpi Giulie situate in territorio sloveno. Al suo interno ci abitano poco più di 2.000 abitanti sparpagliati in 25 paesi.

Il parco venne fondato nel 1924 e ampliato nel 1981. Oggi è un modello in tutta Europa, perché continua a crescere, nonostante accolga già 5.500 tra specie animali e vegetali (tra cui seicento orsi), oltre che a trecento siti di interesse culturale.

All’interno del parco sono da vedere l’Alpinum Juliana, che raccoglie circa 500 specie botaniche, e la Dom Trenta, la sede dell’ente del parco, che offre guide naturalistiche e un museo dedicato alla geologia e alla storia del parco.

Per i più giovani il parco nazionale del Triglav ha avviato il programma Junior Ranger, un progetto pilota in Europa, che coinvolge i ragazzi a partire dai 13 anni in camp formativi. Alla fine dell’esperienza i più meritevoli possono diventare junior ranger, il livello d’accesso per entrare a far parte dell’organizzazione del parco.

Lungo il parco si snodano diversi sentieri ben segnalati, con ogni tipo di difficoltà: da quelli adatti alle famiglie a quelli solo per scalatori più esperti. Attenzione a rispettare tutte le norme di comportamento vigenti: non si lasciano in giro immondizie, non si raccolgono fiori e soprattutto non si accendono fuochi. La flora e la fauna presenti nel monte Triglav sono eccezionali, e non bisogna assolutamente metterli in pericolo.